Come gestire una startup?
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Come gestire una startup? Fin dal tuo primo giorno di attività ti sarà necessario saperlo.
È compito del neo imprenditore creare una struttura organizzativa funzionale al suo piano strategico. Per gestire la sua startup dovrà pianificare le varie attività e implementare un sistema di controllo delle performance, della redditività, del rischio.
Ancora, dovrà preoccuparsi di organizzare e gestire il personale della sua startup, oltre che curare la comunicazione.
In questo articolo approfondisco tutti questi temi, aggiungendo alcune considerazioni, stimolate dalla mia personale esperienza come imprenditrice e consulente organizzativa.
Struttura organizzativa di una startup
La struttura organizzativa di una startup deve obbligatoriamente rifarsi a quelle delle aziende consolidate, oppure si può impostarla in modo differente?
I modelli organizzativi che conosciamo prevedono nella stragrande maggioranza un approccio gerarchico. Una piramide con al vertice l’ente decisore (titolare, consiglio di amministrazione, amministratore delegato) e alla base un più o meno elevato numero di meri esecutori di ordini.
Ordini impartiti dai responsabili intermedi che, organizzati per funzione e divisione, ricevono dal vertice aziendale obiettivi e deleghe.
Fabio Lisca, autore del libro “il quinto paradigma”, definisce questa struttura organizzativa secondo il paradigma della predizione e del controllo. Praticamente, un sistema gerarchico dove gli obiettivi – determinati secondo complessi calcoli finanziari – vengono imposti dall’alto. Obiettivi che spesso si rivelano molto lontani dal lavoro vero e dalle sue problematiche.
Le criticità rilevate in queste strutture organizzative sono gli sprechi e l’inefficienza. A questi, si aggiungono la scarsa flessibilità e adattabilità ad un mercato globale VUCA, cioè volatile, incerto, complesso ed ambiguo. Infine, si aggiunge la poca sensibilità a cogliere i segnali deboli e cambiare velocemente la propria strategia.
Con l’avvento di internet è maturata la consapevolezza che un’intelligenza organizzativa distribuita e diffusa è una ricchezza dall’enorme potenziale. Ed è qui che i leader delle organizzazioni hanno iniziato a riconoscere i limiti dei propri modelli organizzativi.
Ne è nato un trend, che ha portato ad un nuovo paradigma, quello dell’autonomia condivisa, o delle organizzazioni teal di Laloux.
Si tratta, a mio avviso, di strutture organizzative molto adatte alla gestione di startup, che già possiedono una genetica con le caratteristiche di flessibilità e capacità di adattamento. Vocate alla costante e continua innovazione, sono aperte al cambiamento improvviso, all’evoluzione e alla crescita repentina, alla soluzione rapida dei problemi.
Le strutture organizzative con autonomia condivisa, richiedono però un prezioso ingrediente: la cultura. E cambiare la cultura delle persone, convertendole alla collaborazione, non è sempre facile. Soprattutto quando provengono da contesti tradizionali.
Ma c’è una buona notizia: non esiste esempio migliore di quello dei leader. Dunque, ai fondatori della startup, nel momento in cui si trovano a gestirla, il compito di rispettare per primi le regole date all’organizzazione. Ancora, si impegnino a rispettare il processo decisionale definito, a lavorare in trasparenza e guadagnarsi la fiducia dei propri collaboratori.
Indipendentemente dal modello organizzativo scelto, i passi importanti per la costruzione della struttura organizzativa di una startup sono:
- individuare le funzioni operative e attribuire loro i compiti da svolgere;
- profilare le qualità, abilità, competenze, abilità ed esperienza necessarie;
- individuare le attività da svolgere e le interazioni tra le varie funzioni;
- stabilire chi fa cosa e dunque i flussi e le modalità di collaborazione;
- mantenere la struttura semplice, evitando squilibri tra i carichi di lavoro;
- privilegiare la responsabilizzazione anziché concentrarsi sul controllo.
Una volta disegnate le funzioni, i ruoli e le loro interazioni (organigramma), profilato le job description e assegnato le rispettive attività, la struttura organizzativa per la gestione della tua startup sarà completata.
Pianificazione e controllo di gestione
La pianificazione e il controllo di gestione sono le fondamenta che ti aiuteranno a gestire meglio la tua startup.
Con la pianificazione si cerca di rendere concreti i sogni, si da un perimetro agli scenari possibili e si programmano le azioni da svolgere nel tempo.
Mi dirai: viste le incertezze del mondo nel quale ci ritroviamo a vivere e lavorare, è difficile e complesso immaginare che cosa potrebbe accadere di qui a pochi anni!
Vero. Ma è altrettanto vero che prefigurarsi uno scenario futuro possibile all’interno del quale ci si dovrà muovere, aiuta a prendere decisioni e a mettere in atto la strategia di qualunque azienda: anche quella per la gestione della tua startup.
Dunque:
- analizza ciò che è accaduto e sta accadendo nel mercato nel quale la tua startup si inserisce;
- pianifica un presente coerente e funzionale allo scenario futuro che stai immaginando.
La pianificazione comporta:
- la stesura degli obiettivi che la tua startup intende perseguire nell’arco di uno specifico periodo temporale (ricorda che gli obiettivi devono essere concreti e realizzabili, pur rimanendo ambiziosi);
- la definizione della strategia principale e delle strategie alternative da mettere in campo in caso di insuccesso o di cambiamento del contesto;
- l’assegnazione delle risorse (fisiche, finanziarie, tecniche, materiali, umane) necessarie al perseguimento degli obiettivi.
La pianificazione della gestione di una startup si sviluppa su tre periodi temporali: a breve, a medio e a lungo termine. Se nella pianificazione a breve termine è possibile – e auspicabile – definire tutto fin nei dettagli, la pianificazione a medio, lungo termine (3-5 anni) permette di individuare obiettivi di orientamento.
Pianificazione a lungo termine: è una pianificazione strategica, il desiderio di realizzazione dei fondatori che orienta le altre pianificazioni.
Pianificazione a medio termine: serve a dettagliare ciò che operativamente servirà mettere in campo per realizzare nel tempo la strategia.
Pianificazione a breve termine: è una pianificazione operativa, declinata nel budget annuale e costituita da obiettivi concreti (di acquisto, di produzione, di vendita, di qualità, di incasso, di redditività, di soddisfazione del cliente etc.) che tutta l’organizzazione persegue quotidianamente.
Il controllo di gestione prevede:
- l’adozione di metodi di verifica sistematica delle azioni intraprese e dei risultati raggiunti;
- il controllo periodico dei risultati e della loro coerenza con i piani e gli obiettivi della startup;
- l’attivazione delle azioni correttive più opportune a riallineare l’attività con la strategia;
- la possibilità di cogliere tempestivamente la necessità di cambiare strategia.
Il controllo di gestione è uno strumento sistemico di autocontrollo della gestione della tua startup, che misura la resa delle attività aziendali rispetto agli obiettivi.
Se imparerai a misurare con periodicità e costanza le prestazioni della tua startup, ti sarà facile individuare i punti di forza e le aree di miglioramento della tua attività.
Grazie alle informazioni che derivano dal controllo di gestione misurerai l’efficacia e l’efficienza della gestione di ogni comparto della tua startup e potrai ricavarne spunti concreti per modificare la strategia e/o rivedere gli obiettivi in tempo reale.
Ecco alcuni degli strumenti utili al controllo di gestione:
- Il bilancio aziendale: è la fotografia della tua startup, scattata in uno specifico momento. Si compone di due parti: lo stato patrimoniale e il conto economico. Nella sua interezza, il bilancio è la traduzione in numeri delle transazioni che – in un determinato periodo di tempo – la tua startup ha agito con l’esterno.
- Il bilancio riclassificato: è dalla riclassificazione del bilancio che si ottiene un vero strumento utile al controllo di gestione, poiché fornisce molte informazioni (espresse sotto forma di indici di bilancio, come ROI, ROE, ROS, MOL etc.).
- Il budget: è uno strumento basato sulla previsione e controllo, che definisce, per ciascuna annualità, come allocare le risorse finanziarie per raggiungere gli obiettivi concreti di profitto. Inoltre, permette di pianificare le attività e i costi derivanti dal loro svolgimento, oltre ai ricavi attesi.
Non pensare che il controllo di gestione sia adottabile solo dalle medie e grandi aziende. Anche per la gestione della tua piccola startup potrai – con l’aiuto di un bravo professionista – costruire il tuo cruscotto di riferimento. Una volta scelti gli indicatori da monitorare, la cosa importante è non perderli d’occhio. Tienili costantemente monitorati e confrontati con soci e collaboratori per discuterli. Vi sarà facile cogliere i segnali deboli e implementare le vostre strategie per gestire, migliorare e far crescere la vostra startup.
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Gestione delle risorse umane
La gestione delle risorse umane è un’attività critica e strategica per il successo delle aziende, di qualsiasi forma e dimensione. Incluse le startup.
Le persone sono un valore, un asset fondamentale per l’azienda. Senza le persone, con le proprie qualità e competenze e la loro capacità di metterle a frutto nell’organizzazione, l’azienda non esisterebbe.
La tua startup cresce grazie alle persone, al loro coinvolgimento, alla loro responsabilizzazione. Sono loro che, con creatività e capacità di relazionarsi, costruiscono rapporti sani e positivi sia tra di loro che con gli stakeholder esterni. Ecco che, nel tempo, la tua startup viene riconosciuta e premiata dai clienti che si fidelizzano, così guadagna e costruisce il proprio futuro su basi solide.
Generalmente, la struttura iniziale di una startup è snella e costituita da persone che (perlomeno all’inizio) ricoprono più ruoli. Dunque, trattandosi di un’attività strategica, è consigliabile che all’inizio a occuparsi delle persone in qualità di HR manager sia uno dei soci fondatori.
Le attività principali e critiche di successo della gestione delle risorse umane sono:
- Selezione delle risorse umane: dopo la fase di ricerca di potenziali talenti, che può essere affidata a terzi, la selezione ultima è preferibile affidarla all’HR manager e al referente del comparto in cui la persona verrà inserita. Non concentratevi solo sulle competenze tecniche, professionali ed esperienze acquisite, ma indagate soprattutto le soft-skills, o competenze trasversali.
- Onboarding: una volta che la risorsa è entrata nella startup, sarà importante affidarla ad un tutor. Il tutor la aiuterà a imparare il lavoro che dovrà svolgere e a conoscere e comprendere le dinamiche organizzative. Davvero utile coinvolgerla nelle riunioni di team, farla incontrare con clienti e fornitori, metterla a conoscenza di tutti i processi dell’azienda e introdurla ai colleghi.
- Condivisione della strategia e della cultura organizzativa: comunica in modo trasparente il piano strategico della tua startup alle tue risorse umane. Coinvolgile periodicamente in incontri di brainstorming volti a confermarla o modificarla. Ancora, invitale a costruire una cultura organizzativa condivisa, dove oltre a visione, missione, valori e scopo vengano definiti insieme regole comportamenti e processo decisionale.
- Processo di delega: ricorda che i problemi nascono vicino a chi li gestisce. E che chi li gestisce è probabilmente molto più vicino alle soluzioni di quanto tu possa pensare. Accetta l’errore come potente strumento di crescita e miglioramento, quindi delega assegnando obiettivi specifici. Responsabilizza e dai autonomia decisionale – empowerment – coerente con il campo di azione.
- Formazione: se ben gestito, l’onboarding è un ottimo strumento di formazione. Le persone, per quanto esperte e formate, nel momento in cui entrano in una nuova azienda si devono confrontare con un mondo nuovo. Ci sono prodotti, servizi, processi, metodi, tecnologie che dovranno imparare a conoscere e governare. Detto ciò, prevedere un piano formativo organizzato nel tempo per aiutare le tue risorse umane a crescere personalmente e professionalmente, le fa sentire valorizzate. Il piano formativo sarà efficace se coerente sia con gli obiettivi aziendali che con le attitudini e aspettative della persona.
- Politiche retributive e percorso di carriera: le politiche retributive prevedono sistemi premianti espressi anche in bonus, pacchetti welfare, formazione, stock option, flessibilità di orario e così via. Importante pianificare il sistema delle retribuzioni e della carriera, prevedendo momenti di verifica delle prestazioni La gestione di queste attività in modo proattivo anziché reattivo, facilita il mantenimento di un buon clima. Inoltre, non lascia spazio a false aspettative e favorisce una sana competizione.
- Passaggio generazionale organizzativo: un punto nodale che va pianificato con attenzione anche quando si tratta di gestire le risorse umane di una startup. Dunque, definisci con cura i metodi per la condivisione della conoscenza e i periodi di affiancamento e collaborazione tra senior e junior.
- Politiche per il benessere lavorativo: gestire le risorse umane avendo a cuore il loro benessere lavorativo, richiede anche la creazione di ambienti di lavoro in cui si possono esprimere pienamente e sentirsi apprezzate. Ci si prende cura della salute fisica e psichica di tutti e l’equilibrio tra la vita personale e sociale ed il lavoro è un valore.
Comunicazione interna ed esterna della startup
Sono essenziali per coordinarsi, passare informazioni, dare disposizioni, aggiornare le persone. O ancora per raccontare avvenimenti, contattare clienti, promuovere il proprio brand.
Sia la comunicazione interna che la comunicazione esterna della startup trasmettono però molto di più di quanto dicono.
Ecco alcuni esempi di ciò che, tradizionalmente, si definisce comunicazione interna:
- comunicazioni di servizio (mail, circolari, avvisi, informative, calendari etc.)
- riunioni interne (momenti di confronto, allineamento e presa di decisioni di team, alle quali seguono verbali, relazioni, minute);
- gestione dei conflitti;
- rapporti sindacali.
Ed ecco a cosa pensiamo quando diciamo comunicazione esterna:
- identità di marca, o corporate identity (come si vuole essere percepiti dal proprio target di riferimento, passando per la scelta del nome, dei loghi, dei colori, dei prodotti o servizi offerti etc.);
- comunicazione con il mercato. Quindi ufficio stampa, pubbliche relazioni, fiere, eventi, convention, packaging, promozione, punti vendita, corner, sito web, canali social etc..
A queste liste, molto probabilmente incomplete, mi preme aggiungere alcuni elementi che raramente vengono percepiti per ciò che sono realmente. Si tratta di potentissimi mezzi di comunicazione di quell’importantissimo patrimonio intangibile di un’azienda, che è la cultura organizzativa.
Pensa ad esempio a:
- cultura dell’errore (viene accolto come stimolo al miglioramento e alla crescita professionale, o viene stigmatizzato?);
- comportamenti (ordine, pulizia, decoro, rispetto, accoglienza, inclusione…);
- comunicazione della crisi (viene condivisa in modo trasparente o si tende a ignorarla o sottacerla?).
Se è vero che la nuova era della comunicazione è quella dell’integrazione, questo vale a maggior ragione per le startup.
La comunicazione interna ed esterna di una startup è frutto di una strategia integrata, che trasmette i valori della marca, lo scopo, la sua missione in tutto ciò che comunica.
Una comunicazione integrata che attribuisce e riconosce a clienti e fornitori, dipendenti e tutti gli altri stakeholder lo stesso, grande valore.
Diventa importante, dunque, fare alcune scelte strategiche per essere coerenti. Ad esempio, definire i tempi di risposta o adottare uno specifico lessico aziendale.
Definire tempi e modi di una comunicazione puntuale, semplice e diretta, senza giri di parole, aiuterà tutti i membri della startup ad adottare un tone of voice in armonia con i valori che il tuo brand vuole trasmettere, sia quando comunicano tra loro che quando comunicano con l’esterno.
Gestione clienti e fornitori
Un giorno un imprenditore mi disse: “Per me i fornitori sono più importanti dei clienti, per questo che li tratto meglio! Dovessi ritrovarmi a scegliere tra un cliente ed un fornitore, non avrei dubbi e opterei per quest’ultimo.”
Ad un approccio di questo tipo, che mi viene da definire di pancia, si contrappone la teoria dei guru della vendita, secondo i quali il cliente è Re.
Personalmente, ritengo che la verità stia un po’ qui e un po’ là. La gestione di clienti e fornitori per una startup è un’attività equilibrata, dove impera la consapevolezza del valore di tutta la catena della fornitura.
Proviamo a pensarci un attimo: i fornitori con i quali abbiamo scelto di lavorare sono fondamentali per la realizzazione del prodotto o servizio della nostra startup?
Certo, il nostro portafoglio sarà costituito da fornitori di commodity, cioè di prodotti e servizi non distintivi che possiamo acquistare indifferentemente da Tizio o da Caio.
Ma il fornitore strategico, quello che procura alla nostra startup una materia prima o un servizio assolutamente distintivo e differenziante, difficilmente sostituibile, ci permetterà – aggiungendo la nostra parte di valore – di creare a nostra volta un prodotto o servizio con qualità altrettanto distintive e differenzianti rispetto ai nostri competitor.
Possiamo procurarci dai nostri fornitori le materie prime più preziose ma, diciamocelo serenamente, la nostra startup esiste e continuerà ad esistere se, e solo se, riuscirà a vendere ai suoi clienti proprio ciò che loro vanno cercando.
Avere il prodotto più figo del mondo che però, per una ragione o per l’altra, nessuno vuole non farà crescere né darà floridità alla nostra startup.
Ecco dunque il segreto: attribuire tanto ai clienti quanto ai fornitori valore ed importanza coerenti con il valore e l’importanza che diamo alla nostra startup e ai nostri prodotto e servizi.
Ammesso che difficilmente potremo avere un rapporto di partnership con tutti i clienti e i fornitori della nostra startup (ricordate la regola dell’80/20 ispirata alla Teoria di Pareto?), possiamo tranquillamente rifarci ad alcuni buoni principi per gestire in modo etico, soddisfacente e duraturo la relazione con tutti i membri di entrambe le categorie:
- Non si vende né si compra sottocosto. Il business è una cosa seria, che si fa in due (cliente e fornitore) e solo se entrambe le parti marginano ci sarà continuità di fornitura, garanzia di qualità, creazione di ricchezza.
- I termini di pagamento vanno rispettati e in caso di difficoltà temporanee, bisogna comunicarlo. Nella mia ultra decennale esperienza di imprenditrice, ho sempre apprezzato i clienti che si preoccupavano di chiamare in azienda per chiedere una ri-pianificazione delle scadenze prima che queste si avvicinassero. E a mia volta, quando ne ho avuto bisogno, ho adottato lo stesso approccio incontrando fornitori pronti a venirmi incontro.
- Tenere il dialogo aperto ad un confronto continuo. I clienti forniscono alla startup informazioni preziosissime sul mercato, sui trend, sulla concorrenza. I fornitori sono fonte ricchissima di competenze e conoscenze del proprio settore e possono fornire soluzioni sorprendenti.
- Non sparlare mai di nessuno. Clienti e fornitori di oggi possono non esserlo più domani, concorrenti di oggi possono diventare partner domani. Sapete come si dice, no? Se non puoi dire bene di qualcuno, non dire nulla. Ci guadagnerai sempre e comunque.
- Condividere con fornitori e clienti i piani di sviluppo e crescita della nostra startup: far sapere dove vogliamo andare e come vogliamo farlo ci permette di trovare supporto e fidelizzazione. Inoltre potrebbero nascere alleanze meravigliose.
Analisi e monitoraggio dei risultati
Una delle attività chiave che ogni startup deve perpetrare con cadenza costante è il monitoraggio dei risultati, al quale seguono analisi e prese di decisioni di tipo operativo.
Si tratta di una declinazione del controllo di gestione, che come visto in precedenza fornisce una visione dall’alto dell’andamento economico finanziario della nostra startup e lo confronta con gli obiettivi strategici.
L’analisi e il monitoraggio dei risultati si attiva con la definizione dei KPI, o Key Performance Indicator, per ciascuna area operativa della startup: marketing, vendite, acquisti, produzione, amministrazione, logistica, qualità, risorse umane.
Assegnare degli indicatori di performance legati ad obiettivi specifici per il singolo o per il team, significa creare vero coinvolgimento e fare crescere le persone.
Davvero importante e fondamentale per le startup, che si aprono a modelli organizzativi evoluti e che contemplano la responsabilizzazione diretta delle persone come valida alternativa al controllo del capo.
Saranno i singoli e i team a monitorare il proprio operato, a verificarne lo stato di avanzamento e ad analizzarli per comprendere se la direzione verso la quale si sta andando è coerente con le aspettative e gli obiettivi strategici oppure no.
Ricorda: oltre ad avere caratteristiche SMART, tipiche degli obiettivi (specifico, misurabile, ambizioso ma raggiungibile, temporalmente definito), un buon KPI deve essere facile da rilevare e suddivisibile in fasi, o stati di avanzamento.
Consigli per una facile gestione dei KPI in una startup, avendo cura che sia facile da rilevare, che a complicarsi la vita con formule e algoritmi complessi c’è sempre tempo?
- Selezionare pochi indicatori per funzione: da un minimo di due a un massimo di quattro sono più che sufficienti per raccogliere le giuste informazioni sulle performance.
- Trasferire alle persone la cultura della verifica periodica, del monitoraggio. Un indicatore non monitorato o monitorato in modo scostante non serve a nulla.
- Mantenere gli stessi indicatori per un periodo di tempo di almeno due o tre anni, in modo da avere chiara l’evoluzione nel tempo delle performance.
- Scegliere indicatori che forniscano informazioni davvero importanti ai fini del miglioramento.
Qualche esempio di KPI? Andamento delle vendite (come fatturato e volumi per area geografica, categoria prodotto, cliente), marginalità (canale, prodotto, cliente…), qualità (non conformità o reclami per cliente, prodotto, servizio), logistica (tempi di consegna, tempi evasione ordine etc.), acquisti (qualità prodotti in accettazione, rispetto tempi di consegna), amministrazione e finanza (insoluti, tempi medi incasso e pagamento etc.).
Miglioramento continuo in una startup
Come è la storia? Siamo una startup e abbiamo già bisogno di miglioramento? Ebbene, il miglioramento continuo è condizione essenziale per qualsiasi azienda.
Così come il mercato di riferimento, così come i consumatori e le loro esigenze, così come i comportamenti d’acquisto e i consumi evolvono, anche le imprese devono cavalcare continuamente il cambiamento.
E cambiamento comporta miglioramento: intraprendere azioni che perfezionano l’organizzazione e la adeguano, insieme ai propri prodotti e servizi, alle rinnovate esigenze del mercato.
La startup ha una caratteristica che la differenzia dalle aziende storiche e consolidate: qui c’è la consapevolezza che flessibilità organizzativa e proposta continua di nuove soluzioni sono all’ordine del giorno.
Dunque, ogni startup è aperta alla sperimentazione veloce, economica e snella, che permetterà al management di cogliere velocemente gli effetti di una determinata azione.
Se gli effetti sono positivi, quella sperimentazione diventerà un progetto strategico da implementare. Se invece non si raggiungono i risultati attesi, il progetto verrà serenamente accantonato.
Quello del miglioramento continuo è un approccio organizzativo, che tocca ogni comparto aziendale e che ha diversi obiettivi strategici:
- eliminare gli sprechi di risorse (tempo, denaro, energie);
- migliorare il servizio al cliente e garantirne la soddisfazione;
- accrescere la relazione con la clientela per fidelizzarla;
- migliorare il clima interno e favorire la collaborazione tra reparti;
- far crescere le competenze tecniche, professionali, trasversali delle persone che lavorano nella startup;
- raggiungere elevati standard qualitativi;
- migliorare la redditività aziendale;
- aumentare la brand reputation.
Adottare il miglioramento continuo in una startup significa procedere passo passo, modificando i processi interni all’organizzazione man mano che emergono le criticità, producendo piccoli e continui cambiamenti.
Si tratta di un approccio che, rispetto ad un cambiamento radicale (necessario ad esempio quando l’azienda si trova in uno stato di forte crisi), riduce la resistenza al cambiamento, acerrima nemica dello sviluppo e dell’innovazione.
Un processo nel quale vengono coinvolte tutte le persone, a qualsiasi livello organizzativo, che richiede investimenti limitati, o comunque diluiti nel tempo.
Infine, favorisce la crescita della cultura organizzativa, con una forte spinta verso delega e responsabilità.
Analisi e gestione del rischio startup
Nella pianificazione strategica della nostra startup non deve mancare il capitolo dedicato all’analisi e alla gestione del rischio.
Quando l’impresa è nuova e l’idea di business è appena decollata, le variabili esogene – come ad esempio la risposta dei potenziali clienti o le reazioni dei competitor – non sono ancora chiare.
Dunque, sarà fondamentale aver ragionato prima su tutte le potenziali variabili di rischio – più o meno prevedibili – che possono influenzare, condizionare, compromettere la gestione della startup.
Si tratta di una attività strategica, fondamentale per la serenità dell’imprenditore, dei finanziatori, dei collaboratori, del territorio e in generale di tutti gli stakeholder.
Fondamentale e strategica, ma anche particolarmente delicata in quanto bisognosa di valutazioni distaccate e oggettive. Ecco perchè è preferibile implementarla affiancandosi ad esperti professionisti di risk assessment e risk management.
I professionisti di analisi del rischio approcciano la startup e la sua narrazione del progetto strategico ponendo domande scomode e non tralasciando l’osservazione di ogni ambito organizzativo, con l’obiettivo di individuare le categorie di rischio e le possibili aree di criticità.
Tranquilli: non lo fanno per ostacolare l’impresa, ma per aiutare l’imprenditore a valutare nel modo più completo ed esaustivo possibile gli eventuali rischi e a costruire un sistema di salvataggio (la gestione del rischio, appunto) al quale ricorrere al verificarsi dell’evento.
In generale, ecco le domande che ci si pone in una sessione di analisi del rischio:
- Quali rischi potrebbero presentarsi alla nostra startup?
- Quale probabilità hanno di verificarsi?
- Quale impatto avrebbero sull’impresa?
- Si riesce a dare a questi rischi una priorità (in termini finanziari, di costo, di impatto, di discontinuità, di immagine etc.)?
- Infine, quali risorse si devono mettere a disposizione per gestirli? E se non ci sono tutte le risorse, come si potrebbe recuperarle?
I professionisti del risk management, lavorando in team con l’imprenditore e facendo riferimento alle linee guida della Norma ISO 31000, coinvolgono le persone chiave dell’organizzazione nel progetto di gestione e analisi del rischio.
Ricorda: le persone che operativamente lavorano in azienda, opportunamente coinvolte, contribuiscono fattivamente alla prevenzione del rischio e sono preparate a gestirlo.
Promuovere una cultura organizzativa pronta e preparata a prevenire innanzitutto ed eventualmente a gestire il rischio, è dunque una componente imprescindibile della strategia di ogni startup.
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