General manager nelle PMI: quando è necessario?
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L’inserimento di un general manager nelle PMI è un momento delicato, di forte trasformazione organizzativa.
Necessario ed indispensabile per quasi tutte le PMI, richiede all’imprenditore umiltà, disponibilità alla delega, un bagno di fiducia e accettazione dell’errore.
Tutte le imprese nascono piccole e basate sull’idea imprenditoriale di una o più persone.
All’inizio, queste persone si occupano in toto della strategia, della crescita, dello sviluppo e pure dell’operatività.
Arriva poi il momento in cui, se l’impresa ha successo, cresce e si struttura, l’imprenditore capisce che, per poter fare un salto dimensionale e qualitativo, diventa necessario attivare il processo di delega.
Ecco che, proprio allora, diventa indispensabile trovare e scegliere una persona di fiducia, alla quale affidare la gestione globale dell’impresa.
In questo articolo ti racconterò quali sono le caratteristiche di un general manager, quali le attività che svolge nell’impresa e quando un general manager è adatto ad una PMI.
General manager: quali sono le sue caratteristiche
Il ruolo del general manager è in mutazione continua. Complici variabili come l’avvento delle organizzazioni teal, la digitalizzazione, il decentramento dei luoghi di lavoro. Se vogliamo, possiamo aggiungere pure la globalizzazione, la moltitudine culturale e pure quella generazionale.
Mutato il ruolo, cambiano anche le responsabilità. Arrivano sempre nuove sfide ed ecco che, nello svolgimento del proprio incarico, il general manager ha bisogno di sviluppare alcune caratteristiche fondamentali.
Dovendo perseguire gli obiettivi dell’impresa, il general manager ha innanzitutto il ruolo del leader.
Un leader sa guidare le persone aiutandole a prendere decisioni in autonomia e ad assumersi la propria parte di responsabilità.
Il suo compito è far sentire la propria presenza. È fornire supporto nei momenti di incertezza e smarrimento, non sostituendosi ma accompagnando.
Il general manager è un buon ascoltatore: sa trovare il tempo per farlo e sa trovare il luogo giusto dove farlo. La programmazione della sua settimana lavorativa deve prevedere momenti di disponibilità per incontri individuali sia con chi li chiede espressamente che con coloro che mandano segnali di difficoltà.
Nel Global Culture Report 2022 della società americana di consulenza O.C. Tanner si racconta che, nelle fasi di incertezza, gli incontri settimanali dei dipendenti con i propri manager portano a:
- un aumento della produttività pari al 31%;
- una diminuzione del burnout pari al 15%;
- una diminuzione della depressione del personale pari al 16%.
Numeri che parlano da soli e che confermano come le aziende siano fatte di persone, che hanno bisogno di essere ascoltate, comprese, supportate, incentivate e coinvolte.
Persone che hanno bisogno di sentirsi parte di un progetto più ampio e visionario del semplice svolgimento di un’attività quotidiana.
Altra caratteristica del general manager, strettamente legata all’ascolto, è l’empatia: una leva potentissima per coinvolgere e trattenere le persone.
Essere empatici significa indossare i panni dell’altro. Significa entrare completamente nelle sue paure e difficoltà, senza esprimere giudizi affrettati e senza cadere nella trappola del consiglio immediato.
E cosa dire del coinvolgimento, dell’engagement? Se per primo il general manager ha difficoltà a capire il perchè tutti i giorni si reca in quel posto di lavoro, se lui per primo nutre dubbi e perplessità rispetto alla promessa che l’azienda fa al mercato o ai Valori che quella marca trasmette, come farà a coinvolgere i suoi collaboratori?
Ecco che emerge una nuova caratteristica, fondamentale e sostanziale, del general manager: scegliere consapevolmente di indossare la maglia della propria azienda. Egli deve essere convinto che il suo lavoro sarà di aiuto all’azienda per affermarsi sul mercato e generare Valore. Un Valore che sarà ridistribuito sul territorio e tra le persone che in quell’azienda lavorano.
Penso spesso a quanto coraggio e centratura devono avere imprenditori e manager quando i contesti economici, sociali, politici sono complessi come quelli attuali. Cigni neri che attraversano i cieli delle nostre economie, scelte politiche di Paesi forti che condizionano i mercati, competizione agguerrita che mette continuamente in guardia rispetto alle scelte intraprese.
Tutte variabili in continuo mutamento, che mettono le aziende a rischio e le figure apicali nelle condizioni di non dormire mai e di doverne pensare sempre di nuove.
E si fa spazio la trasparenza, altra caratteristica fondamentale del general manager, che ha il compito di far comprendere ed accettare la continua volatilità delle decisioni quale condizione essenziale del lavoro contemporaneo.
E per mantenere la barra dritta, per fare accogliere il cambiamento alle persone – un cambiamento necessario per la sopravvivenza dell’impresa – servono fiducia e condivisione di uno scopo superiore.
Serve dare la risposta concreta, continua e perseverante alla domanda: ma perchè facciamo tutto questo?
Finora abbiamo visto quali caratteristiche permettono al general manager di dialogare con i suoi subordinati. Il general manager ha però un ruolo altrettanto delicato e strategico: quello di riportare ad uno sponsor, sia esso l’imprenditore, l’amministratore delegato, un CDA o l’assemblea dei soci.
Cambia la prospettiva, ma non cambiano le caratteristiche. Tutto ciò che abbiamo elencato fa bene, anzi benissimo anche nella relazione verso l’alto.
Certo, le caratteristiche sono le stesse, ma è una sfida davvero importante per il general manager gestire in modo equilibrato il rapporto tra le due parti. Da una parte l’organizzazione che ha in carico l’operatività e dall’altra chi governa le scelte e le strategie. Ecco che si fanno largo altre due, specialissime caratteristiche che sono la capacità negoziale e la gestione del conflitto.
Quali sono le sue attività
Il general manager si occupa della messa a terra di ogni strategia definita dal vertice, esplodendola in attività e responsabilità declinate per ogni ambito dell’impresa.
Dopo aver condiviso con tutta l’organizzazione gli obiettivi strategici, spetta al general manager il compito di concordare gli obiettivi a breve con ciascun comparto aziendale.
Dovrà incontrarsi e coordinarsi con i vari reparti: R&D, acquisti, produzione, risorse umane, amministrazione, marketing, vendite per definire con ciascuno i piani esecutivi, gli obiettivi di risultato, gli indicatori di misurazione e i momenti di verifica.
Un lavoro impegnativo e di grande responsabilità. Ma lo esprime in sé l’aggettivo che anticipa il ruolo: il general manager si deve occupare dell’azienda nella sua totalità.
Il suo incarico prevede che abbia contezza di tutto ciò che accade. Il general manager è responsabile del coordinamento di tutti i flussi: dai processi interni alla relazione con l’esterno (clienti, fornitori, enti).
Non è suo compito eseguire materialmente le varie attività, ma è sua responsabilità coordinare e supervisionare ciò che ha delegato ai suoi collaboratori.
Ha inoltre l’onere di accorgersi tempestivamente delle criticità e di intraprendere e fare intraprendere azioni di miglioramento.
Quindi, occhi sempre aperti, scarpe comode, curiosità e dialogo continuo con le persone sono i suoi must-have.
Proprio per la trasversalità del suo ruolo, il general manager deve conoscere bene i processi interni, il prodotto, il mercato nel quale l’azienda opera. Ma la sua è una conoscenza da generalista, che per operare con successo ed efficacia deve trovare degli ottimi alleati negli specialisti delle varie funzioni.
Ad esempio, sapendo mantenere un dialogo quotidiano, aperto ed interessato con gli specialisti del marketing e delle vendite, comprenderà meglio le dinamiche dei mercati, le esigenze dei clienti, le opportunità di sviluppo e crescita dell’impresa.
E, sempre nei loro confronti, conoscendo l’organizzazione e i processi produttivi aziendali, può diventare propositivo e innovativo al presentarsi di una specifica opportunità.
Ci è facile quindi comprendere che ciò che rende speciale e mission critical il general manager è la sua conoscenza trasversale dell’azienda. Una conoscenza che, messa in relazione con la sua competenza comunicativa, supporta i team nella gestione delle criticità e nella ricerca di soluzioni.
Ecco un riepilogo delle principali attività in capo al general manager:
- implementa e sviluppa le strategie dell’impresa;
- gestisce la struttura organizzativa e i relativi fabbisogni, coordinando le nuove assunzioni con l’HR;
- supervisiona le attività dei singoli comparti;
- monitora e valuta costantemente le performance di comparto e totali;
- analizza i dati economico finanziari, è responsabile della redditività e dei flussi finanziari dell’impresa;
- migliora la performance economico-finanziaria dell’impresa;
- accoglie opportunità di sviluppo e spunti per nuove strategie da proporre al vertice;
- pianifica e supervisiona la gestione dei rischi;
- dialoga e costruisce relazioni con gli enti esterni (sindacati, associazioni di categoria, enti amministrativi etc.)
- tiene un canale di comunicazione aperto e trasparente con i suoi superiori.
Ribadisco l’ultimo punto: il successo di un general manager all’interno di una PMI dipende moltissimo dal canale di comunicazione che tiene con l’imprenditore.
General manager: quando è adatto alle PMI
Partiamo da un assunto: un general manager non è sempre adatto ad una PMI.
Ho avuto modo di ascoltare recentemente una interessantissima intervista a Marina Puricelli, docente senior di strategia e organizzazione in SDA Bocconi. Marina sostiene che esistono PMI italiane che sono riuscite a ritagliarsi una nicchia dove non c’è competizione e alle quali non importa crescere a tutti i costi.
Queste PMI possono continuare a mantenere la loro gestione in capo all’imprenditore e alla sua famiglia, con un assetto organizzativo elementare.
La piccola dimensione di queste PMI di nicchia diventa un valore strategico e l’introduzione di manager sarebbe non solo un costo (spesso rilevante) che porta a riduzione di margini, ma si rischia di complicare qualcosa che funziona e performa benissimo così com’è.
In questi casi, aggiungo io, è preferibile concentrarsi sul passaggio generazionale, che affrontato per tempo e con consapevolezza, permette continuità all’impresa.
Quando però la PMI si trova in condizioni di mercato competitive e la crescita è una condizione necessaria, il processo di managerializzazione è la strada da percorrere.
Ed è facile che l’imprenditore che sceglie di intraprendere questa strada, lo faccia partendo dal general manager, che immagina come persona di grande fiducia e suo alter ego.
La via più bella, efficace e probabilmente di successo è quella di far crescere qualcuno che è già presente in azienda. Qualcuno che ha dimostrato e sta dimostrando pronto ad assumersi nuove responsabilità.
Una risorsa che già conosce l’azienda e le sue dinamiche, che ha già affiancato l’imprenditore nei momenti di crescita, di cambiamento di transizione, diventa il soggetto giusto per:
- iniziare un processo di crescita professionale sia sul campo che con specifici corsi di formazione e specializzazione;
- avviare un processo di riconoscimento della figura anche da parte dei colleghi dell’impresa.
Quando invece in azienda non ci sono figure adatte ad assumere il ruolo di general manager e quando è importante portare in azienda nuove competenze, si procede con la selezione di una nuova figura.
Così il manager entra in azienda ed inizia il processo di affiancamento e delega. Un processo critico, delicato il cui successo dipende in egual misura da entrambe le figure: general manager e imprenditore.
Proviamo ad immaginare perchè, tornando alle origini dell’impresa. L’imprenditore l’ha avviata e gestita in prima persona. Ne conosce ogni singolo anfratto, ha scelto lui i beni strumentali da acquistare e le tecnologie da adottare. Negli anni ha assunto lui direttamente il personale, con il quale ha un rapporto quasi fraterno.
Si è conquistato i clienti costruendo una forte relazione, quasi di amicizia. Ha selezionato i fornitori chiave uno per uno, studiando insieme i nuovi progetti e suggerendo loro gli investimenti funzionali al loro rapporto di fornitura.
Insomma, l’imprenditore, fino al momento della delega, ha fatto tutto in prima persona. Poi arriva il giorno in cui decide che non ce la fa più, che ha bisogno di ricavarsi degli spazi per dedicarsi ad attività strategiche e si affianca qualcuno bravo, che ne sappia più di lui.
Il general manager, che arriva magari da contesti più strutturati, si immagina di poter operare in totale autonomia, senza dover riportare all’imprenditore, se non nei momenti prestabiliti.
L’imprenditore vede accadere cose che non comprende, non si sente coinvolto e si spaventa. Pretende spiegazioni, vuole mantenere il controllo. Ma il manager pensa alla delega ricevuta e percepisce la frustrazione. Ne nasce un conflitto e il rapporto si chiude bruscamente.
Dunque, ecco due suggerimenti. Il primo per l’imprenditore, che dovrà impegnarsi in un processo trasformativo. Portandosi a casa il manager dovrà fare un passo indietro, assumendo il ruolo dell’allenatore e dimenticando quello dell’esecutore. E potrà concentrarsi sulle possibilità.
Per il manager è invece importante guadagnarsi la fiducia dell’imprenditore. Il che richiede la condivisione quotidiana di ciò che è accaduto, delle decisioni prese, delle decisioni da prendere per le quali chiede pure consigli, anche se magari una sua idea ce l’avrebbe.
Ed eccoci allora alla chiusura del cerchio: competenza tecnica e professionalità di un general manager non stanno in piedi da sole ma devono misurarsi e bilanciarsi continuamente con le competenze trasversali, proprie e dell’imprenditore. In particolare la comunicazione che deve portare ad un dialogo aperto, rispettoso e di fiducia tra due soggetti che, insieme, hanno l’opportunità di realizzare progetti d’impresa davvero potenti.
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