Guida completa alla Partita IVA
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La via più veloce all’autoimpiego passa attraverso la richiesta di attribuzione del numero di partita IVA. Con questo articolo ci proponiamo di fornire una guida esaustiva alla Partita IVA.
Chi può aprire una Partita IVA
In primo luogo è necessario chiarire cos’è una partita IVA.
La partita IVA è quel codice formato di 11 cifre che serve ad identificare i soggetti che svolgono un’attività imprenditoriale. La sua funzione è quella di rilevare tutte le transazioni che generano un “valore aggiunto” al fine dell’applicazione dell’imposizione fiscale indiretta. I.V.A. che significa imposta sul valore aggiunto. Il valore aggiunto corrisponde all’incremento di valore che si crea a seguito della lavorazione delle materie, o al miglioramento che viene apportato da una prestazione intellettuale.
La partita IVA è obbligatoria per svolgere qualunque tipo di attività non occasionale.
Non è pertanto necessario richiederla se non si vuole trasformare il proprio hobby in un lavoro oppure quando un’attività è esercitata in maniera sporadica. Ad esempio se decidessimo di vendere un telefono cellulare su una bacheca di annunci, oppure restaurare quel simpatico mobiletto e venderlo al mercatino dell’usato, potremmo vendere senza la partita IVA in quanto sarebbero attività saltuarie.
Ogni soggetto business in Europa è riconosciuto attraverso l’attribuzione di un codice composto dalla sigla dello Stato comunitario seguito da una successione di numeri e lettere diversa per ogni paese. Ad esempio per l’Italia sarà IT seguito da 11 numeri, per la Francia sarà FR seguito da 9 numeri, per l’Olanda sarà NL seguito da 9 numeri la lettera B ed altri due numeri di controllo.
Quindi quali sono quindi i soggetti che devono richiedere una partita IVA?
Tutti gli aspiranti imprenditori devono essere censiti dall’amministrazione finanziaria in qualità di “operatori professionali” sia che decidano di svolgere la propria attività come imprese individuale che collettivamente. “È imprenditore chi esercita professionalmente una attività economica organizzata, al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi” (art. 2082 Codice Civile)
Le imprese svolte in forma individuale hanno come oggetto prevalente lo svolgimento di attività professionali intellettuali o artistiche, attività commerciali, artigianali e agricole. Difficilmente le attività industriali saranno svolte in forma individuale in ragione della dimensione media e degli investimenti necessari per il loro esercizio.
Le imprese collettive sono formate da più persone che apportano le proprie risorse, “beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili” (art. 2447 Codice Civile)
Le imprese collettive sono prevalentemente costituite in forma di società, di persone o di capitali, o di cooperative. La loro costituzione richiede il rispetto di regole formali predefinite necessarie a disciplinare sia i rapporti interni tra i soci che quelli esterni con i terzi, clienti, fornitori, banche.
La differenza tra le società di persona e le società di capitali è legata alla responsabilità che i soci hanno nei confronti dei terzi per i debiti sociali.
Per le società di persona questa responsabilità è illimitata: i soci garantiscono gli impegni assunti dalla società sia con il patrimonio investito nella società che con il proprio patrimonio personale.
Le società di persona possono essere le società semplici, le società in nome collettivo e le società in accomandita semplice.
Nelle società di capitali il capitale è prevalente rispetto all’impegno personale dei soci. In queste società gli impegni assunti dalla società sono garantiti esclusivamente con il capitale apportato dai soci al momento della costituzione della società.
Le società di capitali possono essere società a responsabilità limitata, società per azioni e società in accomandita per azioni.
Come aprire una Partita IVA
La richiesta di attribuzione del numero della partita IVA non sempre coincide con l’inizio effettivo dell’attività di un impresa.
A volte, il codice, viene richiesto proprio per porre in essere tutte quelle operazioni propedeutiche all’avvio di una attività, ad esempio l’allestimento di un negozio o la realizzazione di un impianto di produzione.
Il sostenimento di tali spese è strettamente correlato alla futura attività e pertanto queste devono essere tracciate affinché possano confluire nella contabilità dell’azienda. Nasce la necessità di richiedere ai fornitori la fattura per poterle documentare e la partita iva identificherà univocamente l’imprenditore come soggetto economico.
Ma ritorniamo a come in pratica possiamo richiedere l’attribuzione del codice identificativo.
L’ufficio preposto al rilascio di tale codice è l’Agenzia delle Entrate competente per l’ area territoriale in cui avrà sede l’attività. Generalmente è un ufficio provinciale ma se il territorio della provincia è ampio possono esistere anche delle delegazioni situate in altre città appartenenti alla stessa provincia.
Le modalità per ottenere il codice sono diverse.
Occorre presentare la dichiarazione di inizio attività corredata da una fotocopia del documento di identità del titolare o del legale rappresentante
- recandosi personalmente presso gli uffici oppure
- spedendola con una raccomandata con ricevuta di ritorno oppure
- telematicamente con il software scaricato dal sito oppure
- dando mandato ad un intermediario abilitato.
La dichiarazione dovrà essere redatta sui modelli AA9/12 per le imprese individuali ed i lavoratori autonomi e AA7/10 per i soggetti diversi dalle persone fisiche.
I moduli sono disponibili sul sito dell’Agenzia delle Entrate e la dichiarazione deve essere presentata entro 30 giorni dalla data stabilita per l’inizio dell’attività.
Ma quali dati servono per compilare i modelli di richiesta di attribuzione del numero di partita IVA?
- Il numero di codice fiscale che identifica il titolare dell’impresa individuale o il lavoratore autonomo o il legale rappresentate di una società.
- Il nome della Ditta che potrà corrispondere al nome e cognome del titolare in caso di imprese individuali oppure ad un nome di fantasia sia per le imprese individuali che per le società.
- Il codice dell’attività, codice ATECO.
- L’indirizzo dove l’attività è esercitata.
- Il regime fiscale agevolato che si vuole adottare, solo nel caso dell’impresa individuale o lavoratore autonomo.
- I dati anagrafici del titolare o del legale rappresentante delle società.
- I dati dei soggetti diversi dal richiedente la partita iva dove sono conservati i documenti contabili.
- Gli altri luoghi oltre la sede della Ditta dove sono conservate le scritture contabili.
- Le informazioni sulle altre attività svolte oltre l’attività principale, se presenti.
- I dati degli altri soci o legali rappresentanti in caso di società.
- Altre informazioni varie utili per l’inizio dell’attività: esempio sito web, indirizzo email, informazioni sull’immobile in cui viene esercitata l’attività.
In seguito alla presentazione della dichiarazione id inizio attività, l’Agenzia delle Entrate provvederà a rilasciare il numero di partita IVA.
Se la richiesta è presentata recandosi personalmente presso gli uffici il numero sarà attribuito immediatamente.
Nel caso di invio della documentazione con raccomandata con ricevuta di ritorno l’ufficio evaderà la pratica in pochi giorni.
La richiesta tramite il software scaricato dal sito oppure dando mandato ad un intermediario abilitato sarà evasa nel giro di poche ore.
Scelta del codice ATECO
Come abbiamo visto uno dei dati fondamentali da trascrivere sulla domanda di attribuzione del numero di partita iva è il codice attività noto come codice ATECO acronimo di Attività Economica.
Anche esso è una rappresentazione numerica di un dettagliato elenco di attività.
La sua elencazione è stata approvata dall’ISTAT in accordo con Agenzia delle Entrate, Camere di Commercio ed Enti Previdenziali ed Assistenziali (INPS ed INAIL), al fine di adottare la medesima classificazione delle attività economiche a fini statistici, fiscali, amministrativi e previdenziali.
La versione attualmente in uso Ateco 2007 è la corrispondente nazionale della Nace Rev.2 utilizzata in Europa e dalla Isic Rev. 4 a cui sono allineati tutti i paesi del mondo.
Il codice ATECO è composto da una combinazione di lettere che rappresentano le sezioni in cui è diviso l’elenco e da due a sei cifre che individuano i diversi gradi di dettaglio in cui si suddivide l’elenco.
Struttura dell’Ateco 2007
CIFRE DEL CODICE DEFINIZIONE NUMERO DI CODICI PREVISTI DALLA CLASSIFICAZIONE
1 Sezione 21
2 Divisione 88
3 Gruppo 272
4 Classe 615
5 Categoria 918
6 Sottocategoria 1224
Esempio di classificazione ATECO
Sezione M – ATTIVITÀPROFESSIONALI, SCIENTIFICHE E TECNICHE
Divisione 73 – PUBBLICITÀ E RICERCHE DI MERCATO
Gruppo 73.1 – PUBBLICITÀ
Classe 73.11 – Agenzie pubblicitarie
Categoria 73.11.0 – Agenzie pubblicitarie
Sottocategoria 73.11.01 – Ideazione di campagne pubblicitarie
73.11.02 – Conduzione di campagne di marketing ed altri servizi pubblicitari
La scelta accurata del codice attività permette di individuare tutte le procedure burocratiche necessarie per l’avvio dell’attività.
Nel caso in cui si scelga di applicare il regime contabile forfettario sarà utile per individuare il coefficiente di redditività da applicare per la determinazione delle imposte.
Consentirà alle amministrazioni dello Stato di effettuare controlli di tipo statistico.
Verrà impiegata per stabilire il premio assicurativo obbligatorio.
Per identificare il codice più adatto all’attività che vorremo andare a svolgere potrete essere coadiuvati da uno strumento messo a disposizione dalla società consortile informatica delle Camere di Commercio Italiane consultabile sul sito www.ateco.infocamere.it. Potrete anche avere alcune indicazioni in merito agli adempimenti burocratici da seguire.
Poiché la classificazione Ateco attualmente utilizzata è stata aggiornata nel 2007 è facile che alcune nuove attività non siano facilmente individuabili oppure è anche possibile che l’attività ricada in più codici attività a seconda della sua modalità di svolgimento, suggeriamo pertanto di rivolgervi ad un professionista ogni volta che avete dubbi. Una scelta sbagliata comporterebbe errori che potrebbero anche riflettersi sul trattamento fiscale e previdenziale della vostra nuova attività.
Costo della Partita IVA
Con il D.Lgs. n. 446 del 1997 viene abolita la tassa di concessione governativa per l’attribuzione ed il possesso del numero di partiva IVA, la tariffa prevista era di lire 100.000 per le imprese individuali e lire 250.000 per le società. Oggi né l’attribuzione né il possesso sono soggetti al versamento di alcuna tassa sulla partita IVA, pertanto potremo dire che la partita iva è gratuita.
Questo però non significa che possedere un numero di partita iva sia del tutto gratuito.
Se richiedere l’attribuzione del codice che abilità ad esercitare un’attività economica non comporta spese questo comporta però l’obbligo di sottostare ad alcune regole di tipo previdenziale o contabile anche se non si emettono fatture nel corso dell’anno.
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Facciamo da alcuni esempi pratici che ci permetteranno di capire meglio i meccanismi che stanno dietro al possesso di numero di partita IVA.
Esempio 1. Svolgimento di un’attività professionale non organizzate in ordini e collegi.
Ipotizziamo di voler svolgere l’attività di educatore cinofilo.
L’esercizio dell’attività, oltre l’attribuzione della partita IVA, richiede l’iscrizione alla sezione Gestione Previdenziale Separata dell’INPS. I contributi dovuti sul reddito percepito nell’esercizio ammontano al 26,23% del reddito. Qualora nel corso dell’anno non si posseggano redditi non sarà dovuto alcun versamento.
Sarà comunque obbligatorio presentare le dichiarazioni annuali ai fini IVA e redditi anche a zero.
Le imposte sul reddito saranno commisurate al regime fiscale scelto.
Esempio 2. Svolgimenti di un’attività professionale organizzata in ordini. Ipotizziamo di voler svolgere l’attività di avvocato.
L’esercizio di attività ordinistiche comporta l’obbligo di iscrizione all’ordine professionale corrispondente al tipo di attività con il pagamento di una quota annuale che potrebbe essere diversa per ogni provincia.
Comporta inoltre l’obbligo di iscrizione alla corrispondente cassa di previdenza. Gli iscritti sono tenuti a pagare un minimale contributivo annuo nella misura prevista da ogni gestione oltre ad una quota sul reddito prodotto, per l’anno 2023 il contributo minino alla Cassa Forense ammonta ad euro 3.185,00 eventualmente ridotto alla metà per i primi sei anni di iscrizione.
Sarà comunque obbligatorio presentare le dichiarazioni annuali ai fini IVA e redditi anche a zero.
Le imposte sul reddito saranno commisurate al regime fiscale scelto.
Esempio 3. Svolgimento di attività di impresa.
Lo svolgimento di qualsiasi attività di impresa agricola, artigianale, commerciale o industriale prevede l’iscrizione alla Camera di Commercio competente per territorio provincia con il versamento di un diritto annuale tra i 53 euro per le imprese individuali e 200 euro per le società.
Gli imprenditori agricoli, artigianali e commerciali sono obbligati all’iscrizione alla corrispondente gestione previdenziale a cura dell’INPS. L’iscrizione comporta il versamento di una contribuzione minima annua, attualmente, nella percentuale del 24/24,48% su reddito minimo di 17.504 euro.
Gli imprenditori che svolgono un’attività artigianale individuale o collettiva così come gli imprenditori che svolgono un’attività commerciale collettiva saranno tenuti ad iscrivere la propria azienda all’INAIL. L’ente gestisce l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni il cui premio sarà calcolato applicando delle tariffe collegate al proprio codice di attività.
Sarà comunque obbligatorio presentare le dichiarazioni annuali ai fini IVA e redditi anche a zero.
Le imposte sul reddito saranno commisurate al regime fiscale scelto.
Abbiamo visto precedentemente chi deve richiedere il numero di partita iva, come si può fare e quanto costa, ora possiamo approfondire gli aspetti legati ai regimi fiscali scelti che determinano le imposte che verranno periodicamente liquidate.
Partita IVA in regime forfetario
Dal Comunicato Stampa del MEF n. 185 del 10 novembre 2022 emerge <<Nel terzo trimestre 2022 sono state aperte 94.080 nuove partite Iva… Le nuove partite Iva sono state aperte per il 69,7% da persone fisiche, … Relativamente alle persone fisiche, …Il 50,7% delle nuove aperture è stato avviato da giovani fino a 35 anni ed il 30,3% da soggetti appartenenti alla fascia dai 36 ai 50 anni… Nel periodo in esame 44.713 soggetti hanno aderite al regime forfetario, pari al 47,5% del totale delle nuove aperture…>>
Il regime forfetario è stato introdotto dall’art. 1, commi da 54 a 89 della Legge n. 190 del 2014 successivamente modificata fino all’ultima rettifica introdotta dalla Legge n. 197 del 2022 <<… I contribuenti persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni applicano il regime forfetario di cui al presente comma ed ai commi da 55 a 89 del presente articolo…>>.
Poiché il regime è riservato alle persone fisiche esercenti arti e professioni significa che è stato scelto dal 68,2% degli aventi diritto.
Il regime forfetario, altrimenti detto flat tax (tassa piatta) è l’evoluzione del regime dei minimi istituito con la Legge n. 244 del 2007 art. 1, commi da 96 a 11. Tale normativa prevedeva l’accesso ad un regime di vantaggio per gli imprenditori individuali:
- che nell’anno precedente avevano avuto un volume di affari non superiore a 30.000€;
- che non avevano effettuato cessioni all’esportazione;
- che non avevano sostenuto spese per i lavoratori dipendenti e/o collaboratori né avevano corrisposto somme ad associati in partecipazione;
- che nel triennio precedente non avevano effettuato investimenti in beni strumentali per un valore superiore a 15.000€
Essi erano esonerati dall’applicazione dell’IVA sui propri ricavi, non operavano la rivalsa dell’IVA sulle spese sostenute, non applicavano l’IRAP.
Determinavano il reddito d’impresa come differenza tra i ricavi percepiti e le spese sostenute. Su tali redditi applicavano un’imposta sostitutiva nella misura del 20%.
A decorrere dall’anno 2012 il regime fu riservato esclusivamente ai giovani fino al compimento del 35esimo anno di età ed ai lavoratori in mobilità, per una durata massima di 5 esercizi, trascorsi i quali automaticamente sarebbero passati al regime ordinario.
Con decorrenza 1 gennaio 2015, il regime dei minimi, fu trasformato in qualcosa di molto simile all’attuale regime forfetario. Ulteriori modifiche furono apportate dalla Legge n. 145 del 2018, dalla Legge n. 190 del 2019 e dall’ultima Legge n. 19 del 2022.
Il regime forfetario in vigore dal 1 gennaio 2023 è un regime agevolato destinato alle persone fisiche che esercitano attività di impresa o arti e professioni, incluse le imprese familiari e coniugali.
È caratterizzato dalla determinazione del reddito imponibile applicando all’ammontare di ricavi o dei compensi conseguiti uno specifico coefficiente di redditività differente a seconda dell’attività svolta.
Ma quali sono le caratteristiche dell’attuale regime forfetario e cosa lo rende così appetibile ai nuovi imprenditori individuali?
Accedono al regime, senza limiti di età, gli imprenditori che nell’anno precedente – o in caso di inizio attività presuntivamente – hanno contemporaneamente:
- Conseguito ricavi o compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 85.000€. Se si esercitano più attività ricadenti in differenti codici ATECO sarà necessario sommare i ricavi di tutte le attività. Nel limite degli 85.000€ non rientrano i compensi qualificabili come redditi diversi.
- Abbiano sostenuto spese per lavoro dipendente, accessorio, per collaboratori (anche a progetto), o corrisposto somme in forma di utili ad associati in partecipazione di solo lavoro in misura non superiore a 20.000€.
Di contro sono esclusi dall’applicazione del regime forfetario:
- Gli imprenditori che si avvalgono di regime speciali ai fini IVA (es. regime del margine, regime agricolo, commercio di rottami, ecc.).
- Gli imprenditori non residenti nello Stato, ad eccezione di quelli residenti in uno Stato Membro dell’Unione Europea o aderente all’accordo Spazio Economico Europeo, che producano in Italia almeno il 75% del loro reddito complessivo.
- I soggetti che effettuano prevalentemente la cessione di fabbricati, terreni edificabili o mezzi di trasporto nuovi.
- I soggetti che contemporaneamente esercitano attività di impresa, arti o professioni e partecipano a società di persone, associazioni professionali o imprese familiari o che controllano direttamente o indirettamente s.r.l. che svolgono attività riconducibili a quelle individuali (es. socio di maggioranza di un a s.r.l. edile che svolte l’attività di muratore).
- Gli imprenditori che svolgono la propria attività prevalentemente nei confronti degli attuali oppure degli ex datori di lavoro per cui avevano lavorato nei due anni precedenti, ad eccezione dei soggetti che iniziano l’attività dopo il periodo di pratica professionale obbligatoria (es. commercialista con il proprio dominus).
- I soggetti che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e/o assimilati per un importo superiore a 30.000€ tranne quando il rapporto è cessato e non si sia percepito un reddito derivante da altro rapporto di lavoro dipendente (es. pensionato con reddito superiore a 30.000€).
I soggetti che accedono al regime forfetario godono di molteplici semplificazioni fiscali, i ricavi sono esonerati dall’applicazione dell’IVA e sono esclusi da tutti gli adempimenti in materia di IVA ad eccezione:
- obbligo di emissione di fattura elettronica (dal 1 gennaio 2024);
- certificazione dei corrispettivi;
- numerazione in ordine cronologico e conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali;
- integrazione delle fatture di acquisto intracomunitarie (per operazioni effettuate tra soggetti economici appartenenti ai diversi paesi della Comunità Europea) e versamento dell’imposta entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni;
- presentazione dei modelli INTRASTAT per operazioni di cessione di beni o prestazioni di servizi intracomunitari con cadenza trimestrale fino a 50.000€ su base annua e con cadenza mensile oltre tale soglia;
- versamento delle ritenute per dipendenti e collaboratori.
Gli imprenditori che operano nel settore dell’edilizia non sono soggetti all’applicazione del regime di reverse charge, su ricavi e compensi non si applicano le ritenute di acconto e sono esonerati dall’applicazione degli indici di affidabilità fiscale (ISA).
I titolari di partita IVA in regime forfetario sono soggetti all’iscrizione alle gestioni previdenziali tenute dall’INPS o dalle Casse Previdenziali Professionali private obbligatorie collegate agli albi professionali di appartenenza.
I soggetti iscritti alla Gestione Artigiani e Commercianti dell’INPS potranno usufruire – dietro presentazione di apposita domanda da inoltrare telematicamente all’ente entro il 28 febbraio, ovvero con la massima tempestività rispetto all’inizio attività – della riduzione del minimale contributivo del 35%.
Come già accennato, la tassazione del reddito imponibile avviene applicando all’ammontare dei ricavi, o dei compensi, conseguiti uno specifico coefficiente di redditività previsto per l’attività esercitata distinta dal codice ATECO che la identifica.
Il calcolo dei ricavi avviene applicando il criterio di cassa: sono cioè rilevanti solamente i ricavi o compensi effettivamente incassati nel periodo di imposta in esame. Tali coefficienti sono contenuti nell’Allegato 2 alla Legge n. 145 del 2018
Dal reddito, determinato con l’applicazione dei coefficienti, si deducono i contributi previdenziali pagati – anche per i collaboratori familiari a carico per i quali non si è esercitato il diritto di rivalsa (es. il coniuge collaboratore familiare che non possiede redditi personali superiori a € 2.840,51 il quale non ha rimborsato al titolare le somme da lui pagate come contributi previdenziali) – e si applica un’imposta sostitutiva nella misura ordinaria del 15%.
L’imposta è detta sostitutiva in quanto sostituisce le imposte ordinariamente applicabili sul reddito d’impresa (IRPEF, Addizionali Regionali e Comunali e precedentemente IRAP). Nel caso di Imprese Familiari l’imposta sostitutiva si applica sul reddito al lordo dei compensi dovuti ai familiari ed è integralmente dovuta dal titolare d’impresa.
L’imposta sostitutiva è applicata nella misura ridotta del 5% per i primi cinque anni di attività qualora:
- Il titolare di una nuova attività imprenditoriale in regime forfetario non abbia esercitato alcuna attività professionale, artistica o d’impresa, anche in forma associata, nei tre anni precedenti.
- L’attività non costituisca in alcun modo prosecuzione di attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o parasubordinato, ad eccezione della pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di attività professionali.
- Se viene proseguita un’attività precedentemente svolta da un altro soggetto (es. acquisto di azienda), l’ammontare di ricavi o dei compensi realizzati da quest’ultimo non deve superare il limite previsto per la permanenza nel regime forfettario.
Facciamo un esempio per chiarire quanto sopra detto.
Es. Un soggetto esercita l’attività di panettiere codice ATECO 10.71.10, ai fini previdenziali è iscritto alla gestione artigiani. Nel corso dell’esercizio in esame ha venduto prodotti per complessivi 30.000€. Nel corso dell’esercizio ha pagato il 15,60% (24% ridotto del 35%) del minimale di 17.504€. Il coefficiente di redditività applicabile è il 40%.
Ricavi realizzati 30.000 x 40% = 12.000
Contributi previdenziali versati 17.504 x 15,60% più quota maternità = 2.738
Reddito da coefficienti – Contributi previdenziali (12.000 -2.738) = 9.262 Reddito imponibile
a. Reddito imponibile per aliquota applicabile (in caso di inizio attività) 5% = € 463,10 imposta sostitutiva
b. Reddito imponibile per aliquota applicabile (dopo i primi 5 anni) 15% = € 1.389,30 imposta sostitutiva
Il regime forfetario è il regime “naturale” a cui sono assoggettati i titolari di partita IVA individuale che conseguono ricavi o compensi fino a 85.000€ annui.
Le norme non prevedono nessun limite di tempo al suo utilizzo salvo il limite temporale previsto per l’applicazione dell’aliquota ridotta al 5%.
Nel caso di superamento del limite di 85.000€ nel corso dell’anno il contribuente uscirà dal regime forfettario per accedere al regime ordinario con decorrenza dal 1 gennaio successivo al superamento.
Nel caso di superamento del limite di 100.00€ l’uscita dal regime forfettario avverrà immediatamente.
Gli imprenditori che non superano la soglia di ricavi prevista dal regime forfettario ma che ritengano che questo non sia fiscalmente vantaggioso per la propria attività possono scegliere di applicare il regime ordinario, anche nella sua forma semplificata, tale scelta (opzione) è vincolante per tre esercizi consecutivi decorsi i quali si potrà tornare al regime forfetario oppure continuare a rimanere in quello ordinario.
Partita IVA a regime ordinario
Al Titolo II il D.P.R. n. 600 del 1973 (articoli da 13 a 22) stabilisce che sono obbligati alla tenuta delle scritture contabili le società di capitali, gli enti pubblici e privati soggetti alle imposte sul reddito delle persone giuridiche, le società di persona, le associazioni professionali e le persone fisiche che esercitano attività commerciali, arti o professioni.
Tra le scritture contabili obbligatorie troviamo:
a) il libro giornale e degli inventari;
b) i registri prescritti dalla normativa sull’IVA;
c) le scritture ausiliarie che consentono di ricavare i componenti positivi e negativi che determinato il reddito di esercizio (mastri);
d) le scritture ausiliarie di magazzino necessarie per determinare il valore dei merci e prodotti depositati presso i magazzini aziendali;
e) il registro dei beni ammortizzabili.
Le società di capitali sono, inoltre, obbligate alla tenuta:
f) del libro dei soci;
g) del libro delle obbligazioni (quando presenti);
h) del libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee dei soci;
i) del libro delle adunanze e delle deliberazioni dell’organo di amministrazione;
l) del libro delle adunanze e delle deliberazioni dell’organo di controllo (quando previsto);
m) del libro delle adunanze e delle deliberazioni dell’assemblea degli obbligazionisti;
n) del libro degli strumenti finanziari emessi.
Devono redigere l’inventario ed il bilancio con il conto dei profitti e delle perdite.
Al fine di agevolare alcune categorie di imprese con ricavi o compensi percepiti inferiori a limiti prestabiliti l’articolo 18 del D.P.R. n. 600 del 1973 stabilisce che <<…i soggetti indicati alle lettere c) e d) del primo comma dell’articolo 13, qualora i ricavi…percepiti in un anno intero, ovvero conseguiti nell’ultimo anno…non abbiano superato l’ammontare di 500.000 euro per le imprese aventi per oggetto prestazioni di servizi, ovvero di 800.000 euro per le imprese aventi per oggetto altre attività, sono esonerati per l’anno successivo dalla tenuta delle scritture contabili prescritte dai precedenti articoli, salvi gli obblighi di tenuta delle scritture previste da disposizioni diverse dal presente decreto…>>.
Secondo il presente dettato i soggetti (società di persone, associazioni professionali e persone fisiche) rientranti nei suddetti limiti possono tenere una contabilità ordinaria semplificata per le imprese minori che comporta l’obbligo di:
a) tenere i registri prescritti ai fini dell’IVA;
b) tenere un registro su cui annotare cronologicamente i ricavi percepiti completi degli estremi di incasso;
c) tenere un registro analogo a quello dei ricavi su cui annotare le spese sostenute complete degli estremi di pagamento;
d) annotare sui registri incassi e pagamenti tutti i componenti positivi e negativi di reddito privi di rilevanza ai fini IVA.
Le indicazioni relative agli incassi, ai pagamenti ed ai componenti positivi e negativi di reddito possono essere anche rilevati sui registri tenuti ai fini IVA anziché in registri separati.
In alternativa è prevista un’ulteriore semplificazione <<…Previa opzione, vincolante per almeno un triennio, i contribuenti possono tenere i registri ai fini dell’imposta sul valore aggiunto senza operare annotazioni relative a incassi e pagamenti, fermo restando l’obbligo della separata annotazione delle operazioni non soggette a registrazione ai fini della suddetta imposta. In tal caso, per finalità di semplificazione si presume che la data di registrazione dei documenti coincida con quella in cui è intervenuto il relativo incasso o pagamento…>>
L’adozione del regime della contabilità semplificata per cassa è il regime “naturale” per i contribuenti che sono in possesso dei requisiti dimensionali di cui all’art. 18, D.P.R. n. 600/1973 e che non sono in possesso dei requisiti per accedere al regime forfetario di cui alla legge n. 190/2014.
Ai fini dell’accesso al regime semplificato si presumono come ricavi conseguiti nel periodo d’imposta le somme incassate registrate nel registro degli incassi, o nel registro ai fini IVA integrato.
Il contribuente ha sempre facoltà di optare per il regime ordinario. L’opzione ha effetto dall’inizio del periodo d’imposta nel corso del quale è esercitata fino a quando non è revocata e, in ogni caso, per il periodo stesso e per i due successivi.
Vediamo ora nel dettaglio cosa comporta la tenuta dei registri delle operazioni soggette ad IVA che accomuna i regimi semplificato per imprese minori ed ordinario per le imprese i cui ricavi superano le soglie di 500.000€ ed 800.000€ come sopra definite.
A differenza delle imprese che operano in regime forfetario che sono esonerate dall’applicazione dell’IVA <<L’imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuate.>> art. 1 D.P.R. n. 633 del 1972.
Le imprese sono quindi obbligate ad applicare l’IVA sui documenti emessi nei confronti dei propri clienti quindi versarla all’Erario. Questa procedura conseguentemente comporta il diritto di detrarre l’IVA pagata ai propri fornitori versando quindi all’Erario solamente la differenza tra l’iva addebitata ai propri clienti e quella pagata ai propri fornitori.
Tale calcolo è chiamato liquidazione ed avviene con cadenza mensile o trimestrale a seconda del proprio volume di affari. Con il termine volume di affari si identifica la somma totale dei documenti (fatture e/o corrispettivi) assoggettate ad IVA che le imprese emettono in un determinato periodo di tempo, generalmente nell’anno solare.
A seconda delle diverse tipologie di operazioni effettuate si applicano aliquote proporzionali che vanno dal 4% al 22%.
A titolo di esempio:
- latte fresco, burro, formaggi, ortaggi, frutta, olio di oliva, paste alimentari, pane, conserve di pomodori scontano l’aliquota iva del 4%;
- latte in polvere o liquido per l’alimentazione dei lattanti, pannolini per bambini, seggiolini da installare negli autoveicoli, assorbenti, coppette ed altro per la protezione dell’igiene femminile, scontano l’aliquota iva del 5%;
- carni, pesci freschi o surgelati, uova, miele, tè, zucchero, cioccolato, acque minerali, energia elettrica ad uso domestico, prestazioni rese a clienti alloggiati in strutture ricettive, somministrazioni di alimenti e bevande scontano l’aliquota iva del 10%;
- tutte le cessioni di beni o prestazioni di servizi non ricomprese nell’Allegato A al D.P.R. n. 633 del 1972 scontano l’aliquota ordinaria del 22%.
La tenuta dei registri delle operazioni soggette ad IVA negli ultimi anni ha subito importanti cambiamenti.
Con decorrenza 1 gennaio 2019 la certificazione delle operazione effettuate tra soggetti iva è garantita dalla fattura elettronica e dal 1 gennaio 2020 i soggetti che effettuano commercio al minuto o attività assimilate, non obbligati all’emissione della fattura elettronica, sono tenuti all’utilizzo del registratore di cassa telematico che memorizza e trasmette i corrispettivi giornalieri all’Agenzia delle Entrate.
L’impiego di questi strumenti ha eliminato l’obbligo della tenuta del registro dei corrispettivi e per i soggetti che emettono solo fatture elettroniche che utilizzano i dati messi a disposizione da parte dell’Agenzia delle Entrate anche quello dei registri delle fatture emesse e degli acquisti.
Come abbiamo però visto su tali registri devono anche essere annotate tutte le operazioni prive di rilevanza ai fini IVA ma con rilevanza ai fine delle imposte sul reddito questo sta a significare che per i soggetti in contabilità semplificata tali registri non possono essere dismessi mentre i soggetti che utilizzano il libro giornale (imprese) o il libro incassi e pagamenti (professionisti) annotati con le informazioni richieste dai registri ai fini IVA possono scegliere di non tenere i registri.
Nella prassi contabile, per chiarezza, si continua a stampare tutti i registri seppur non obbligatori.
Sul registro delle fatture emesse si devono registrare tutte le fatture indicando per ognuna:
- il numero progressivo di registrazione attribuito;
- il numero del documento originale;
- la data di emissione;
- i dati del cliente;
- l’ammontare dell’imponibile e dell’imposta distinti per aliquota;
sono inoltre da annotare
- le autofatture compensative emesse per gli acquisti effettuati da soggetti non residenti;
- le autofatture compensative emesse per gli acquisti effettuati in reverse charge;
- le operazioni prive di rilevanza IVA aventi rilevanza ai fini dei redditi (es. contributo a fondo perduto)
Sul registro delle fatture ricevute degli acquisti si dovranno registrare:
- tutte le fatture di acquisto;
- le bollette doganali;
- le fatture di acquisti intracomunitari;
- le fatture di acquisti in reverse charge;
- gli acquisti privi di rilevanza IVA aventi rilevanza ai fini dei redditi (es. ammortamenti, costi del personale, premi di assicurazione)
La registrazione dei documenti contabili sarà necessaria per poter far valere la detrazione dell’IVA spettante in base al tipo di beni e servizi acquistati.
L’iva così registrata andrà liquidata e versata con cadenza mensile entro il 16 del mese successivo a quello di registrazione dei documenti nei registri iva.
I soggetti che hanno realizzato volumi di affari inferiori a 500.000 ed 800.000€ potranno scegliere di versare l’imposta dovuta con cadenza trimestrale entro il 16 del secondo mese successivo maggiorandola dell’1% a titolo di interessi.
Esempio di liquidazione mensile:
Totale IVA sulle fatture emesse nel mese di gennaio 10.000€
Totale IVA sulle fatture ricevute nel mese di gennaio 7.000€
IVA dovuta 10.000-7.000 = 3.000 da versare con modello F24 on line entro il 16 febbraio.
Esempio di liquidazione trimestrale:
Totale IVA sulle fatture emesse nel trimestre gennaio-marzo 10.000€
Totale IVA sulle fatture ricevute nel trimestre gennaio-marzo 7.000€
IVA dovuta 10.000-7.000 = 3.000 + 1% = 3.030 da versare con modello F24 on line entro il 16 maggio.
Entro il 27 del mese di dicembre di ogni anno tutti i soggetti in contabilità ordinaria devono versare un acconto nella misura dell’88% calcolato utilizzando diversi metodi, quello più comune è il metodo storico:
- per i contribuenti mensili sulla liquidazione periodica del mese di dicembre dell’anno precedente;
- per i contribuenti trimestrali sulla dichiarazione annuale IVA.
Tra gli altri obblighi a cui sono tenuti i soggetti IVA c’è quello dell’invio
– delle Comunicazioni delle liquidazioni periodiche IVA (LI.PE) , che vanno inviate entro l’ultimo giorno del secondo mese successivo ad ogni trimestre (anche per i contribuenti mensili) utilizzando i canali telematici;
– della presentazione della Dichiarazione annuale IVA riepilogativa di tutte le operazioni effettuate nell’anno precedente. Viene calcolata la differenza annuale di tutta l’iva a debito (sulle fatture emesse) e a credito (sulle fatture ricevute) relativa all’anno e tenendo conto dei versamenti periodici effettuati si determina l’eventuale credito spettante o debito residuo dovuto. La dichiarazione è presentata telematicamente tra il 1 febbraio ed il 30 aprile di ogni anno.
In presenza di un credito annuale è possibile richiedere:
- la compensazione dei versamenti iva dovuti per l’anno successivo;
- la compensazione di debiti dovuti per imposte o contributi;
- il rimborso qualora ne ricorrano le condizioni previste dalla legge.
I soggetti in contabilità ordinaria determinano il proprio reddito di esercizio come differenza tra i ricavi ed i costi dell’esercizio. Anche in questo caso la normativa differenzia la determinazione dei reddito tra imprese in contabilità ordinaria semplificata ed ordinaria.
Per le prime la determinazione del reddito avviene applicando il così detto “principio di cassa”, ovvero i ricavi ed i costi sono considerati in relazione a quelli effettivamente incassati o sostenuti così come previsto dai commi 2 o 4 dell’articolo 18 del D.P.R. n. 600 del 1973.
Per le seconde è applicato il “principio di competenza” secondo il quale ricavi e costi sono registrati nell’esercizio in cui sono maturati indipendentemente dal momento in cui si sono manifestati i loro incassi o pagamenti.
Una volta calcolato l’imponibile questo viene assoggettato a tassazione in conformità ai seguenti criteri:
- Per le imprese individuali, la tassazione avviene secondo le aliquote progressive dell’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche (IRPEF) ed alle Addizionali Regionali e Comunali di competenza;
- Per le società di persone, i redditi vengono attribuiti a ciascun socio, indipendentemente dalla loro effettiva percezione, in proporzione alla loro quota di partecipazione agli utili ed assoggettati ad IRPEF ed alle Addizionali Regionali e Comunali di competenza, mentre in capo alla società viene applicata l’Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP) determinata applicando al valore della produzione netta l’aliquota del 3,9%;
- Per le società di capitali, la tassazione avviene in base all’aliquota dell’Imposta sul Reddito delle Società (IRES) fissata proporzionalmente, attualmente per la maggior parte dei casi al 24% e all’IRAP.
Spese da scaricare in regime forfettario o ordinario
Come abbiamo precedentemente visto, il regime forfetario è caratterizzato dalla determinazione del reddito attraverso l’applicazione di specifici coefficienti di redditività che stabiliscono partendo dal totale dei ricavi incassati quale sarà il reddito dell’impresa da assoggettare a tassazione in misura fissa.
Questo metodo consente di sapere il qualunque momento quale potrà essere il proprio carico fiscale in quanto, ad eccezione dei contributi previdenziali versati che rappresentano un costo obbligatoriamente sostenuto per l’esercizio dell’attività, nessun’altra tipologia di costi è deducibile dall’imponibile prima del calcolo dell’imposta sostitutiva dovuta.
Altra particolarità intrinseca al regime forfettario è che con l’adozione di questo regime contabile il contribuente perde anche il diritto alle detrazioni di imposta che possono essere applicate in sede di dichiarazione dei redditi, salvo il caso in cui egli possegga altri redditi fiscalmente imponibili sui quali potrà far valere le detrazioni per i familiari a carico, per gli oneri deducibili o per i crediti derivanti dai bonus edilizi.
Tale regime risulterà quindi particolarmente conveniente nell’ipotesi di imprenditori con pochi costi per la gestione della propria attività tali da rientrare nella percentuale prevista dai coefficienti e privi di oneri detraibili.
Es. Giovane professionista non coniugato ed in ottima salute che opera presso la sede dei propri clienti, quindi non sopporta oneri fissi per il mantenimento di un ufficio dedicato, non è obbligato né all’iscrizione alla Camera di Commercio né all’INAIL per gli infortuni sul lavoro, e risiede presso la propria famiglia di origine.
I soggetti in contabilità ordinaria determinano il proprio reddito come differenza tra i ricavi ed i costi dell’esercizio, pertanto la presenza di costi comporta un’aumento o una diminuzione del reddito imponibile della propria attività. È necessario però precisare che non tutti i costi sostenuti dall’impresa in contabilità ordinaria sono deducibili.
Perché i costi siano “scaricabili” è fondamentale che rispettino i principi di inerenza, certezza e determinabilità, competenza o cassa.
Il principio cardine dell’inerenza è espresso nel comma 5 dell’art. 109 del D.P.R. n. 917 del 1986 noto come Testo Unico Imposte sui Redditi (T.U.I.R.) <<… Le spese e gli altri componenti negativi … sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi di proventi non computabili in quanto esenti nella determinazione del reddito sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l’ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d’impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi…>>
Si intuisce che ogni qual volta le spese sostenute non siano strettamente correlate alla produzione di ricavi queste non saranno deducibili dal reddito o lo saranno solo nella misura in cui potranno essere ricondotte alla produzione dello stesso.
Es. l’acquisto di un computer portatile per un agente di commercio rappresenta un costo deducibile in quanto collegato con l’attività, lo coadiuva nel suo svolgimento. Lo stesso agente di commercio sostiene spese per un viaggio di piacere, questa spesa non sarà collegabile alla produzione del reddito e pertanto non potrà essere dedotta per mancanza di inerenza.
Sempre secondo l’art. 109, comma 1 del T.U.I.R. le spese e gli altri componenti negativi devono essere certi o comunque determinabili in modo oggettivo, è quindi necessario che siano rappresentate da fatture elettroniche o da altri documenti aventi valore legale e data certa.
Esse concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza, ovvero nel momento a cui fanno riferimento.
Es. in data 5/11 un rivenditore di biciclette acquista una fornitura di biciclette per 15.000€, la fattura sarà regolata per 5.000€ entro il 5/12, per 5.000€ entro il 5/01, per 5.000€ entro il 28/02. Alla fine dell’esercizio risulta scaduta e pagata la rata al 5/12.
Per competenza il costo da iscrivere a bilancio equivarrà all’intero costo di 15.000€ in quanto la merce è disponibile presso il magazzino del rivenditore prima della chiusura dell’esercizio, la spesa è inerente in quanto l’oggetto dell’attività è la rivendita di biciclette, la spesa è certa e determinabile per la presenza della fattura elettronica di acquisto, il rivenditore ha già venduto buona parte della fornitura di biciclette producendo ricavi nell’esercizio.
Abbiamo però visto che diverso trattamento viene riservato alle spese sostenute dai soggetti in contabilità ordinaria semplificata i quali applicano il principio di cassa.
Partendo dallo stesso esempio il costo ammesso in deduzione per un’impresa minore corrisponderà solamente alla parte effettivamente pagata quindi la prima rata di 5.000€ scadente al 05/12. I restanti due terzi pagati nell’esercizio successivo rappresenteranno un costo nel nuovo esercizio anche nell’ipotesi in cui tutte le biciclette siano state vendute nell’esercizio precedente.
Sono interamente deducibili tutte le spese relative:
- a merci destinate alla vendita o trasformazione;
- ai materiali di consumo;
- a cancelleria e valori bollati;
- ad affitti e le spese condominiali per la sede dell’attività o magazzini collegati;
- alle utenze, energetiche e telefoniche;
- all’acquisto, affitto o leasing delle attrezzature e dei beni ammortizzabili;
- alle spese per i professionisti, commercialisti, consulenti del lavoro;
- al lavoro dipendente, o ai consulenti esterni;
- alle imposte e tasse, con eccezione delle imposte sui redditi;
- alle spese di pubblicità;
- alle assicurazioni obbligatorie e facoltative;
- interessi passivi per finanziamenti connessi con l’attività.
Oltre alle regole appena viste, esistono delle regole imposte dalla normativa fiscale che limitano la deducibilità di alcuni costi, ad esempio:
- le spese per l’acquisto e l’utilizzo di apparecchi per la telefonia fissa e mobile è ridotto all’80%;
- le spese per l’acquisto e l’utilizzo di autovetture da parte delle imprese è pari al 20%, per gli agenti di commercio è pari all’80%, per i taxisti è pari al 100%;
- le spese per alberghi e ristoranti sono deducibili nella misura del 75%.
Variazione o chiusura della partita IVA
Il numero di partita IVA attribuito ad una impresa non è mai modificabile e l’unico modo che si ha per cambiarlo è quello di chiuderlo e richiederne uno nuovo.
È possibile, invece, cambiare i dati ad esso associati:
- la denominazione dell’impresa;
- l’indirizzo della sede dove l’attività è svolta;
- il codice ATECO principale quando si decide di cambiare attività;
- l’indirizzo del sito Web e dell’internet service provider, quando si gestisce un’attività di commercio elettronico;
- i dati anagrafici del legale rappresentate;
- la residenza del titolare;
- indicare le operazioni straordinarie che hanno interessato l’azienda;
- indicare gli altri soggetti depositari delle scritture contabili ed i luoghi ove esse sono conservate;
- indicare i dati di altri soci e rappresentanti delle società;
- indicare le altre attività esercitate oltre alla principale;
- indicare i luoghi diversi dalla sede principale ove è esercitata l’attività.
Premettendo che le modalità per comunicare la variazione o la cessazione del proprio numero di partita IVA differiscono a seconda dell’attività specifica e della forma giuridica dell’impresa (persone fisiche o società), quali possono essere i motivi che ci spingono a variare i dati della nostra partita IVA?
Presentiamo alcuni semplici esempi che ci aiuteranno meglio a definire i casi previsti.
- Cambiare la denominazione dell’impresa: nel caso di imprese individuali che operano utilizzando un nome di fantasia associato al nome del titolare persona fisica o nel caso di società, ogni variazione di questi dati deve essere notificata affinché la ditta possa essere sempre riconosciuta.
- Cambiare l’indirizzo della sede dove l’attività è svolta: consente di individuare il luogo fisico dove è possibile contattare i responsabili dell’azienda. Questo vale sia per l’attività principale che per le attività secondarie esercitate in altre sedi.
- Cambiare il codice ATECO principale: rappresenta uno dei cambiamenti più radicali dell’attività in quanto questo comunica “cosa” l’azienda svolge prevalentemente, altrettanto si può dire delle altre attività esercitate oltre la principale.
Poiché la partita IVA identifica i soggetti che svolgono attività imprenditoriali, qualora le attività siano più di una, non è possibile richiedere per ognuna un diverso codice di partita iva e tutte le attività saranno ricondotte ad un unico codice, nasce quindi l’esigenza di comprendere quale di queste sia la prevalente (ovvero la principale che produce i maggiori ricavi) e quali la/le secondarie, così come è necessario comprendere dove queste attività siano esercitate, tutte presso la sede dell’impresa, oppure in luoghi fisici differenti. - Cambiare i dati anagrafici del legale rappresentante, in caso di società, o cambiare la residenza del titolare in caso di persone fisiche: consente all’amministrazione finanziaria ed ai terzi di poter rintracciare i soggetti responsabili dell’amministrazione dell’impresa.
- Quando le imprese sono state oggetto di operazioni straordinarie (cessione d’azienda, conferimento, successione ereditaria, donazione, fusione, scissione) il soggetto beneficiario dell’operazione dovrà comunicare i dati del soggetto estinto.
- Nel caso in cui le scritture contabili siano depositate oltre che presso sede dell’azienda presso altri soggetti, il caso più comune è presso gli uffici del commercialista che segue l’azienda, sarà obbligatorio comunicare questi dati per consentire all’amministrazione di rintracciare agevolmente tutta la documentazione contabile in caso di accertamento delle imposte.
Per quanto riguarda la chiusura della partita IVA questa avviene quando si cessa di svolgere qualsiasi attività nella forma in cui era esercitata fino a quel dato momento, come sintetizzato nel caso delle operazioni straordinarie, o quando tutta l’attività cessa definitivamente.
In caso di variazione dei dati contenuti nella dichiarazione di inizio attività o nel caso in cui si intenda cessare la propria partita IVA:
- i soggetti obbligati all’iscrizione al Registro delle Imprese trasmetteranno le comunicazioni con ComUnica;
- i soggetti non obbligati all’iscrizione al Registro delle Imprese effettueranno la comunicazione con analoghe modalità impiegate per la richiesta di attribuzione del numero di partita IVA compilando il medesimo modello (AA9/12 per le imprese individuali e AA7/10 per le società).
La partita IVA può anche essere chiusa d’ufficio dall’Agenzia delle Entrate quando, sulla base dei dati e degli elementi in suo possesso, risulta non essere stata esercitata – nelle tre annualità precedenti – attività di impresa ovvero attività artistiche o professionali.
I soggetti interessati dal provvedimento ricevono una comunicazione con la quale vengono informati della chiusura d’ufficio della partita Iva.
Nel caso non ritengano corretto il provvedimento potranno far valere le proprie ragioni rivolgendosi all’ufficio territoriale competente per fornire la prova della propria qualificazione di soggetto passivo ai fini Iva. La cessazione d’ufficio della partita IVA non comporta il pagamento di sanzioni.
Nel 2023 l’amministrazione finanziaria, per prevenire la pratica elusiva associata alle attività di apertura e chiusura di partite iva, ha modificato l’art. 35, comma 15 bis del D.P.R. n. 633 del 1972, aggiungendo i commi 15 bis 1. e 2., in questi termini <<…l’Agenzia delle entrate effettua specifiche analisi del rischio connesso al rilascio di nuove partite IVA, all’esito delle quali l’ufficio dell’Agenzia delle entrate invita il contribuente a comparire di persona presso il medesimo ufficio…per consentire in ogni caso la verifica dell’effettivo esercizio dell’attività…e per dimostrare, sulla base di documentazione idonea, l’assenza dei profili di rischio individuati. In caso di mancata comparizione di persona del contribuente ovvero di esito negativo dei riscontri operati sui documenti eventualmente esibiti, l’ufficio emana provvedimento di cessazione della partita IVA…la partita IVA può essere successivamente richiesta dal medesimo soggetto, come imprenditore individuale, lavoratore autonomo o rappresentante legale di società, associazione o ente, con o senza personalità giuridica, costituiti successivamente al provvedimento di cessazione della partita IVA, solo previo rilascio di polizza fideiussoria o fideiussione bancaria per la durata di tre anni dalla data del rilascio e per un importo non inferiore a 50.000 euro…>> Nel caso in cui il contribuente, chiamato dall’ufficio a dimostrare l’effettivo esercizio dell’attività, non si presenti o produca documenti non idonei alla dimostrazione, l’ufficio irrogherà una sanzione di 3.000€.
Come abbiamo potuto intuire l’esercizio di un’attività autonoma comporta una serie di valutazioni da parte dell’aspirante imprenditore abbastanza complesse. La guida di un commercialista serio e preparato, pronto a fornire il supporto necessario per effettuare le scelte più opportune e successivamente capace di aiutare a districarsi tra le difficoltà di norme amministrative, fiscali e previdenziali gli consentirà di concentrarsi sullo sviluppo della propria attività.
Sperando che questa piccola guida alla partita IVA sia sufficientemente completa da poter fornire ai nostri lettori le informazioni di base utili, si suggerisce la lettura di Bando a fondo perduto: chi può richiederlo, per chi volesse valutare la possibilità di usufruire di fondi messi a disposizione per nuove idee imprenditoriali.
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