Gestione dei conflitti sul lavoro: tutto quello che devi sapere
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La gestione dei conflitti nell’ambito lavorativo è uno degli aspetti più spinosi e, al tempo stesso, più decisivi per ottenere i successi personali e aziendali che si desiderano.
Il conflitto è parte della natura umana: dove c’è relazione c’è conflitto, a maggior ragione quando le relazioni si sviluppano in ambienti regolati da dinamiche sulle quali non sempre abbiamo il controllo, quali quelle professionali.
Ognuno di noi interagisce quotidianamente con altre persone, le cui posizioni possono essere anche molto distanti dalle nostre, e normalmente non si considera questa situazione con piacere. Tuttavia, attraverso una corretta gestione dei conflitti, questo tipo di circostanza può trasformarsi in un’opportunità di crescita e miglioramento, sia a livello personale sia aziendale.
Comprendere il proprio approccio e riconoscerne le dinamiche sottostanti è fondamentale per sviluppare strategie efficaci di gestione dei conflitti, a prescindere dalla nostra posizione nel mondo del lavoro: collaboratori, responsabili di gruppi di lavoro, liberi professionisti, titolari.
Cause di conflitto più frequenti
Esiste una vasta letteratura in merito alle cause di conflitto riconosciute come più frequenti e più impattanti sull’equilibrio in ambito lavorativo.
A mio parere e sulla base delle mie esperienze sul campo, tali cause possono essere raggruppate in tre macro-aree:
Cause derivanti dalle differenze fra individui
Questo gruppo di fattori scatenanti include:
- differenze individuali di neurodesign: ognuno di noi ha un proprio neurodesign, ossia un modo unico di usare il proprio cervello per elaborare informazioni, prendere decisioni e gestire le emozioni. Le differenze neurofisiologiche generano atteggiamenti e comportamenti che spesso creano fraintendimenti e frustrazione, soprattutto in un ambiente lavorativo dove la collaborazione è essenziale;
- bias cognitivi e convinzioni limitanti: i bias cognitivi, come l’effetto di conferma (tendiamo a cercare informazioni che confermano le nostre convinzioni) o l’euristica della disponibilità (attribuiamo maggiore importanza a eventi recenti o emotivamente carichi), possono distorcere la percezione della realtà e amplificare i conflitti. Contestualmente, le convinzioni limitanti che ognuno può aver maturato nel tempo, per educazione e/o esperienze personali, influenzano la nostra interpretazione delle situazioni e possono portarci a reagire in modo automatico e disfunzionale. Per esempio, se crediamo che il confronto sia sempre negativo, eviteremo il dialogo costruttivo, alimentando il malcontento;
- valori personali e loro applicazione: ognuno di noi vive e prende decisioni sulla base di valori e standard personali che regolano, più o meno implicitamente, il nostro giudizio su cosa sia giusto e cosa no. Anche a fronte di valori apparentemente condivisi, le scelte e le decisioni individuali possono differire di molto, generando conflitti che toccano aspetti profondi delle persone coinvolte nonostante i comportamenti scatenanti possano apparire di scarsa importanza;
- dinamiche relazionali e di potere: le relazioni professionali sono spesso caratterizzate da giochi di potere impliciti ed espliciti, in funzione delle diverse ambizioni che i singoli individui nutrono per il proprio percorso professionale. Differenze di ruolo, status, (purtroppo ancora) genere e aspettative possono generare tensioni, soprattutto quando non vengono chiariti i confini e le responsabilità.
Cause derivanti dalla mancanza di visione e direzione in azienda
Quando non è stata stabilita e/o adeguatamente comunicata una chiara direzione verso la quale è richiesto di andare come gruppo di lavoro, è inevitabile che nascano interpretazioni personali delle modalità, se non addirittura delle finalità, nello svolgimento delle attività operative.
Tali interpretazioni portano inevitabilmente a tensioni sanabili solo a fronte del consolidamento di una leadership forte e consapevole, che potrà nel tempo attuare una strategia di gestione dei conflitti adeguata al contesto e agli obiettivi dell’azienda.
Cause derivanti da negligenze aziendali in ambito organizzativo, in ambito comunicativo e/o nell’erogazione delle risorse
Sotto questo cappello troviamo tutte quelle situazioni che sono sicuramente conseguenza del punto precedente, ma che si verificano a volte anche quando la visione è chiara mentre la concretizzazione è carente.
- Carenze organizzative: quando non sono definiti ruoli, responsabilità, confini e ambiti d’azione, processi e procedure, il conflitto diventa inevitabile;
- Carenze comunicative: nella maggior parte delle situazioni non esiste un protocollo comunicativo che tenga conto delle caratteristiche dei vari neurodesign individuali e di un’organizzazione razionale e funzionale, il che porta a incomprensioni e scontri;
- Scarsità di risorse: quando non vengono messe a disposizione di persone o reparti le risorse necessarie (tempo, budget, nuovi inserimenti) e/o queste vengono erogate secondo criteri non riconosciuti come equi, si generano conflitti di difficile gestione, non sempre manifestati contestualmente all’episodio che li ha scatenati e, pertanto, più complessi da risolvere.
Strategie per risolvere i conflitti in azienda
Esiste un modo convenzionale di analizzare la gestione dei conflitti in azienda, basato su due presupposti fondamentali:
- l’azienda in questione deve essere un’impresa strutturata
- il conflitto deve essere esplicito e portato all’attenzione dei responsabili
A fronte di questi due presupposti, la letteratura ci insegna che i conflitti in azienda si possono risolvere attraverso le seguenti modalità:
- arbitrato: tecnica utilizzata per risolvere situazioni gravi che richiedono una soluzione. È mediato da una terza persona, eventualmente responsabile delle risorse umane, che, ascoltare le parti, elaborerà una proposta;
- facilitazione: applicata a problema di bassa o media entità, prevede una terza persona, neutrale, che aiuta le parti coinvolte nel dialogo senza offrire soluzioni;
- mediazione: simile alla facilitazione, ma più formale e finalizzata a creare un ambiente in cui le parti possano comprendersi con maggior facilità;
- indagine: richiede l’intervento di uno o più esperti per effettuare valutazioni e raccomandazioni per risolvere il conflitto;
- negoziazione: tecnica che prevede che siano le stesse persone coinvolte nel conflitto a trovare una soluzione pacifica alla controversia.
Inoltre, è importante essere consapevoli che esistono diversi approcci nell’affrontare situazioni di conflitto.
Uno dei modelli che maggiormente apprezzo, in quanto rispettoso delle modalità comportamentali dei diversi neurodesign, è quello elaborato nel 1974 dai professori di Management Ken Thomas e Ralph Kilmann, che prevede cinque diversi approcci riscontrabili comunemente:
- adeguamento: consiste nell’accettare la visione dell’altro, decidendo di sacrificare la propria. Questo approccio è utile quando si sa che l’interlocutore ha ragione oppure quando la priorità è preservare il rapporto lavorativo e l’armonia nel gruppo;
- elusione: è l’approccio in cui ci si sottrae alla situazione, rimandando la gestione (e la soluzione) del conflitto a un momento più consono. Questa particolare tecnica può rivelarsi utile ad affrontare i conflitti di minore entità;
- competizione: modalità con la quale vengono perseguiti gli interessi personali a discapito di quelli degli altri. Questa tecnica è utile nelle situazioni in cui è necessario trovare una soluzione in tempi urgenti;
- compromesso: è una soluzione accettabile per tutte le parti coinvolte nel conflitto e nella quale si accolgono alcune richieste senza, però, soddisfarle tutte. Si tratta di un approccio che può essere utilizzato in un gran numero di situazioni diverse, tra cui le controversie tra membri di un gruppo di lavoro;
- collaborazione: approccio che consiste nel trovare una soluzione in grado di accontentare pienamente tutte le parti coinvolte nel conflitto. Per individuare questa soluzione è necessario esaminare a fondo le cause del conflitto e, per questo motivo, è una tecnica da utilizzare per le questioni più importanti, che richiedono e giustificano un investimento importante in termini di tempo ed energia.
Essere consapevoli di quale approccio si tenda a voler applicare, per propensione naturale o per educazione, permette di portare avanti la modalità scelta fra le cinque precedentemente indicate (arbitrato, facilitazione, mediazione, indagine e negoziazione) con correttezza e coerenza.
Tuttavia, cosa fare quando la realtà in cui si opera non è così strutturata da permettere di ricorre a modalità che prevedano interventi quali quelli delle risorse umane o di esperti esterni? O quando il conflitto è latente? O quando ci si sente direttamente chiamati in causa e non si ha chiarezza in merito motivazioni?
Distinguiamo
Nel caso in cui noi siamo nella posizione dei titolari dell’attività o dei responsabili che hanno il compito di gestire i conflitti, il nostro obiettivo primario deve essere creare un ambiente nel quale trasparenza e accoglienza siano la regola.
Il conflitto va sempre esplicitato o fatto esplicitare: non c’è nulla di più dannoso di una tensione non dichiarata che andrà a incancrenirsi fino a diventare irrimediabile. E no, il tempo non guarisce questo genere di cose: l’approccio dell’elusione funziona molto raramente e solo in casi specifici, quando si tratta di conflitti minimi, senza reale consistenza.
È compito nostro fornire il contesto e le regole all’interno delle quali le persone si potranno muovere: se non l’abbiamo fatto in passato, rendere chiaro tutto ciò nelle fasi preliminari del confronto sarà di grande aiuto per tutti.
Sta a noi essere garanti della correttezza del processo di risoluzione del conflitto: creare spazi di confronto equi e trasparenti consente di bilanciare le relazioni e ridurre i conflitti legati a squilibri gerarchici e/o di potere.
In estrema sintesi, le persone che ci gravitano intorno devono sapere che possono contare su di noi come arbitri/facilitatori/mediatori/negoziatori, qualunque sia la loro posizione e la nostra.
Nel caso, invece, in cui ci troviamo a essere collaboratori coinvolti in modo più o meno diretto in un conflitto, il nostro raggio di azione sarà molto diverso. Prima di tutto, è su noi stessi che andremo a lavorare!
La percezione del conflitto nel cervello
Il cervello umano è programmato per reagire alle minacce, comprese quelle sociali, attivando meccanismi di difesa come l’attacco, la fuga o il congelamento. Quando ci sentiamo minacciati da un collega o da una situazione lavorativa, le aree più profonde, che presidiano le emozioni e l’istinto di sopravvivenza, prendono il sopravvento, riducendo la nostra capacità di ragionamento razionale.
Comprendere questo processo aiuta a gestire i conflitti con maggiore consapevolezza. Allenare il cervello alla flessibilità attraverso pratiche di mindfulness, respirazione consapevole e tecniche di rilassamento aiuta a ridurre la reattività emotiva nei momenti di pressione e di confronto.
A valle di questo allenamento, è essenziale che attiviamo la nostra parte razionale ponendoci domande costruttive e funzionali alla gestione dei conflitti in essere.
Fra queste, la più importante in assoluto è: qual è il mio obiettivo finale per questa interazione?
Questo perché spesso ci lasciamo travolgere dall’emozione del momento, dal desiderio di vedere riconosciute le nostre ragioni e la nostra posizione, e perdiamo di vista le dinamiche a lungo termine che hanno molto più senso di esistere.
Nel momento in cui abbiamo trovato la risposta profonda a questa domanda, possiamo più facilmente scegliere l’approccio del modello Thomas-Kilmann che riteniamo maggiormente utile e funzionale.
Prevenzione dei conflitti
Alla luce di quanto visto finora, e in particolar modo dei tre ambiti che racchiudono le principali cause che generano conflitti sul lavoro, appare evidente che si possa fare molto per prevenire gran parte di tali conflitti, o comunque per gestirli prima che comportino conseguenze davvero negative sulle persone e sul sistema impresa.
Per quanto riguarda le difficoltà che insorgono a causa di differenze fra gli individui, è importante favorire il dialogo e la conoscenza reciproca, all’interno di un ambiente che incoraggi la condivisione e la trasparenza.
Sarebbe auspicabile l’acquisizione oggettiva delle diverse modalità neurofisiologiche individuali di pensiero, apprendimento, decisione e relazione – cosa possibile attraverso un assessment dedicato.
Interventi quali percorsi di coaching individuali e di team possono favorire enormemente lo sviluppo del giusto ambiente e delle corrette dinamiche relazionali fra individui:
- le persone possono lavorare sullo sviluppo della propria neuroflessibilità, sui bias cognitivi e sulle convinzioni limitanti, sullo sviluppo di un mindset di crescita e sulle competenze di intelligenza emotiva;
- i gruppi di lavoro possono sviluppare comunicazione, collaborazione e coesione, creare spazi di confronto sicuri per tutti, apprendere competenze necessarie per sviluppare progetti e perseguire correttamente obiettivi e risultati.
Per quanto riguarda le problematiche derivanti dalla mancanza di visione e direzione in azienda, il lavoro da fare è primariamente a livello direzionale, sul piano della leadership e della strategia a medio-lungo termine. Avere uno scopo chiaro e condiviso permette di compattare gli sforzi di tutti e creare coesione anche dove ci sono stati per anni discordia e disaccordi.
Infine, per quanto riguarda le questioni organizzative, comunicative e di gestione delle risorse, è essenziale che la testa dell’azienda riconosca la necessità di dare una struttura all’azienda stessa.
Per quanto piccola possa essere un’attività, la capacità di gestire (di essere manager) quando si tratta di definire come muoversi a livello operativo e comunicativo e sul piano della destinazione delle risorse (anche solo decidendo dove spendere i propri soldi questo mese) fa la differenza fra il successo e l’insuccesso, e certamente cambia tutto quando si tratta di relazionarsi in merito a questi argomenti con persone che hanno degli interessi in causa.
Naturalmente, nell’ambito della gestione dei conflitti sul lavoro vi sono altri aspetti fondamentali da analizzare, che toccheremo negli aggiornamenti di questo articolo. Continua a seguirci se sei interessato!