Marie Laurencin, pittrice: biografia e opere
Indice dei contenuti
Raccontare la biografia e le opere di Marie Laurencin, pittrice francese, vuol dire iniziare un percorso che somiglia a una caccia al tesoro. Perché? Perché la sua vita e la sua carriera artistica hanno incrociato quelle di pittori, scrittori, artisti del suo tempo. Parlare di lei, dunque, vuol dire prepararsi ad un viaggio sorprendente. Attenzione, però: Marie non è solo “l’amica di” o “la musa di”. È una pittrice che a saputo farsi spazio in un’epoca di fermento e lasciare il proprio segno, come donna, intellettuale e artista.
In questo articolo conosceremo le sue opere più celebri e scopriremo qualcosa in più su di lei attraverso gli aneddoti e i libri che ne raccontano la vita. Infine, vi dirò che cosa mi piace di questa artista originale e risoluta: ma forse troverete già qualche buon motivo per innamorarvi un po’ di lei già nelle prossime righe.
Marie Laurencin: le opere più famose
Le opere di Marie Laurencin raccontano molte cose anche sulla biografia della pittrice francese. La maggior parte, infatti, sono ritratti: non solo di committenti, ma anche di amici e di persone che Marie frequentava.
La Laurencin nasce a Parigi nel 1883, figlia illegittima di un funzionario pubblico e di una sarta. La giovane artista si avvicina al mondo della pittura studiando i decori e i disegni su ceramica nella fabbrica di porcellane di Sèvres, come fece anche Renoir. Perfeziona poi i suoi studi all’Accademia Humbert, dove incontra Georges Braque. I suoi dipinti vengono esposti per la prima volta al Salon des Indépendants di Parigi nel 1907.
Nello stesso periodo, Marie inizia a frequentare gli artisti che fanno capo a Picasso, la cosiddetta Banda di Picasso: Braque, Gertrude Stain, Guillaume Apollinaire, Max Jacob. L’influenza del gruppo si fa sentire nelle sue opere, tra cui un autoritratto del 1908.
Nel dipinto, i contorni sono ben definiti e i volumi resi in modo molto netto: c’è l’impronta del modernismo, e l’influenza delle opere che Picasso e Matisse dipingevano negli stessi anni. La pittrice usa il marrone e l’ocra: non ha ancora adottato la palette di colori tenui e luminosi che sarà la cifra stilistica di gran parte della sua produzione successiva. Osservate gli occhi, però: neri, intensi, li ritroveremo ancora. Guardate anche i riccioli di capelli che sfuggono dall’orecchio destro della pittrice: un dettaglio, che però dà tutto un altro tono al quadro.
Frequentando il gruppo di artisti, Marie si innamora di Guillaume Apollinaire, poeta e critico d’arte: una storia tempestosa e appassionata, che dura fino al 1912. A questo amore dobbiamo opere molto conosciute, da una parte e dall’altra: Apollinaire dedica scritti e poesie alla Laurencin (anche se le più famose sono state scritte dopo la loro separazione), la pittrice lo ritrae nei suoi quadri. Il più celebre, in due versioni, è Apollinaire e i suoi amici.
Nessun prodotto trovato.
Ho scelto la prima versione, quella del 1909, perché nell’opera si iniziano ad intravvedere i primi segni distintivi della pittura di Marie Laurencin negli anni seguenti. Le contaminazioni con il modernismo e il cubismo si notano: guardate ad esempio i visi dei personaggi in secondo piano (Picasso si riconosce), alla sinistra di Apollinaire. La pittrice, però, sta iniziando a trovare un proprio stile, che svilupperà nei dipinti successivi: lo sfondo è appena accennato, velocemente, i colori iniziano a farsi più tenui, i volti più luminosi. Ai piedi di Apollinaire c’è un cane: anche la presenza di un animale è un tratto caratteristico nella produzione di Marie.
Nel 1914 sposa il barone tedesco Otto von Watjen: pessimo tempismo. Con il matrimonio, infatti, la Laurencin diventa cittadina tedesca e allo scoppio della Prima Guerra Mondiale la coppia fugge in Spagna. Marie ritorna a Parigi nel 1920 e divorzia poco dopo, iniziando un periodo molto produttivo soprattutto come ritrattista.
I suoi dipinti conquistano i salotti parigini e la pittrice ritrae stilisti, nobili, personaggi celebri della capitale francese. Tra tutti, il ritratto più conosciuto è senz’altro quello di Coco Chanel del 1923, esposto al Museo dell’Orangerie.
L’artista ha dipinto la donna seduta, in una posa sognante, con il braccio sollevato a sorreggere la testa. I colori sono morbidi, le linee del corpo definite dal contrasto tra le tinte. Ecco i colori della pittrice francese: rosa, verde, grigio, blu. Ma sono gli occhi della stilista a catturare lo spettatore: neri, decisi, attirano l’attenzione sul viso e mettono in evidenza l’espressione della donna. Ad accompagnare lo sguardo dell’osservatore, la lunga sciarpa nera, che sottolinea le linee portanti dell’impianto compositivo e la figura di Coco Chanel.
Nei quadri di Marie Laurencin sono spesso ritratti animali domestici e selvatici: qui, ad esempio, un barboncino bianco è accucciato sulle ginocchia della modella. Sul lato destro del dipinto, un altro cane balza verso una tortora che sembra scendere dal cielo: forse un simbolo di libertà. Il ritratto è molto conosciuto, eppure inizialmente non ebbe fortuna: Coco Chanel, infatti, non apprezzò l’opera e si rifiutò di acquistarla. Marie Laurencin, furiosa, non volle dipingere un secondo ritratto e tenne per sé l’originale.
Nel frattempo, l’artista collabora anche con compagnie di danza e teatri, dipingendo le scene di balletti e opere, dal teatro degli Champs-Elysées all’Opéra- Comique. Nel 1935 la pittrice francese riceve la Legione d’onore e un paio di anni dopo alcuni dei suoi dipinti vengono scelti per l’Esposizione Universale.
Il 1937 è anche l’anno in cui Marie realizza Le Ballerine, un altro quadro molto noto. La scena ritrae cinque danzatrici che provano i passi di un balletto: le figure delle protagoniste emergono dallo sfondo, volutamente privo di punti di riferimento. L’artista mette in evidenza gli atteggiamenti e le espressioni delle cinque donne, una diversa dall’altra. A prima vista si ha l’impressione di trovarsi di fronte a un quadro poco definito: eppure, provate a prendere come riferimento – ancora una volta – gli occhi. Guardandoli, ci si concentra sull’espressione del viso: bastano pochi tratti per delineare senza equivoci la personalità di ciascuna.
La Seconda Guerra Mondiale segna il declino dell’artista, che deve anche difendersi dall’accusa di collaborazionismo. In realità, tale accusa non fu mai provata, anche se qualcuno suggerisce malignamente che le indagini non furono approfondite perché il presidente della commissione giudicante era Picasso.
Dopo la guerra, Marie Laurencin si ritira a vita privata: morirà nel 1956 a Parigi.
Marie Laurencin: libri su di lei da leggere
La biografia più completa sulla pittrice Marie Laurencin e sulle sue opere è probabilmente quella scritta da Bertrand Meyer Stabley, giornalista franco – irlandese. L’autore è specializzato nelle biografie di artisti e personaggi famosi: da Maria Callas a Audrey Hepburn, da Rudolf Nureyev a Yves Saint Laurent.
Il ritratto che ci offre di Marie Laurencin racconta la sua amicizia con i grandi artisti dell’epoca, come Braque e Picasso, e dedica ampio spazio alla storia d’amore con Apollinaire. Parla ovviamente delle sue opere, e segue l’ascesa e il successo di un’artista capace di imporsi in un mondo al maschile. Il giornalista racconta anche il femminismo di Marie e le sue prese di posizione forti per favorire l’ingresso delle donne nel mondo dell’arte. Infine, si sofferma sull’ultima fase della sua vita, dall’accusa di collaborazionismo con i nazisti fino al ritiro a vita privata.
Dal secondo libro che parla di Marie Laurencin non aspettatevi il rigore di una biografia critica. Il romanzo “La féerie“, della scrittrice francese Isaure de Saint Pierre, è molto recente. Uscito nel 2019, racconta la biografia e le opere di Marie Laurencin come una storia avvincente: d’altronde, nel caso della pittrice francese, di materiale ce n’è, eccome. A proposito, il titolo del romanzo deriva da una frase scritta da Marcel Jouhandeau, amico della pittrice, al momento della sua morte: “È morta: quale racconto di fate si conclude!“.
Infine, anche nel caso di Marie Laurencin come in quello di molti altri artisti, abbiamo la fortuna di poter leggere non solo un libro che parla di lei, ma anche un libro scritto da lei. Nel suo “Cahiers des nuits“, che potremmo tradurre piuttosto liberamente con “Quaderni notturni“, Marie scrive per se stessa nella sua casa parigina.
Non si tratta di un diario, ma di una raccolta di pensieri, quasi di un flusso di coscienza. In mezzo, poesie, rime, frammenti di frasi e una serie di disegni estremamente personali. Lei, artista del ritratto che ha saputo rendere l’eleganza e l’indecifrabilità delle donne, in questo piccolo libro ci offre uno scorcio di se stessa sospeso tra immagine e parola: una piccola opera d’arte quasi involontaria.
Marie Laurencin: frasi celebri e aneddoti
Pensate alle storie d’amore che avete vissuto o che state vivendo: in ognuna ci sono sicuramente episodi divertenti, emozionanti, commoventi da raccontare. Il legame tra Marie Laurencin e Guillaume Apollinaire fu una delle grandi storie d’amore dell’epoca, tanto da far scrivere al poeta: “Il mio destino, Maria, è di vivere ai vostri piedi, ripetendo senza fine quanto vi ami”.
Esagerazione da artista? Adulazione da innamorato? Forse. Fatto sta che ad Apollinaire è dedicato uno dei quadri più celebri di Marie Laurencin, quell’ “Apollinaire e i suoi amici” che abbiamo già incontrato. La leggenda vuole che, in punto di morte, il poeta abbia chiesto che il quadro fosse appeso nella sua stanza d’ospedale. Marie non fu da meno: volle essere sepolta nel cimitero del Père Lachaise, con una rosa in mano e le lettere di Apollinaire nell’altra.
Una battuta ironica di Marie ci riporta ad argomenti meno tristi ed esprime tutta la vivacità e lo spirito della pittrice francese. Sembra che, davanti a un quadro raffigurante una scena d’interni, la Laurencin avesse esclamato: “Perché dovrei dipingere cipolle, pesci morti e boccali di birra? Le ragazze sono molto più graziose”.
Marie ricevette un’ottima educazione: il padre, infatti, pur non riconoscendola ufficialmente, sostenne economicamente lei e la madre. Quest’ultima era una donna molto colta, capace – si dice – di correggere le citazioni latine di Apollinaire se il poeta commetteva qualche errore. Cresceva la figlia seguendo i dettami dell’educazione tradizionale, secondo principi molto rigorosi. Così, quando Marie usciva di casa con gli artisti che frequentava, la cosiddetta Banda di Picasso, doveva alla madre il permesso di rientrare alle dieci: niente eccessi, almeno fino a un certo punto.
In un ambiente libero, dove gli artisti si chiamavano con il nome di battesimo, lei per tutti era “Marie Laurencin”. L’espressione, inizialmente frutto della diffidenza verso la sua origine borghese, diventa nel tempo il segno di una posizione affermata all’interno di un gruppo di spiriti liberi. Marie Laurencin lo era, eccome: lo come dimostrano la biografia e le opere della pittrice. E, forse, questo è il primo motivo per amarla.
Marie Laurencin: perché amarla
Dopo la sua morte, l’artista francese è stata spesso considerata una figura minore nel panorama culturale europeo. Solo negli ultimi decenni si sono riscoperte la biografia e le opere di Marie Laurencin, valorizzando la sua storia di donna e di pittrice. I motivi per amarla sono molti: Io voglio segnalarvene tre.
Il primo motivo ha a che fare con il contesto in cui Marie è vissuta e ha dipinto. “It’s a Man’s World”: l’inizio del famoso pezzo di James Brown descrive benissimo il mondo degli artisti della Parigi di inizio ‘900. Un mondo di uomini, fatto su misura per loro: anche in un ambiente come questo, Marie Laurencin è riuscita comunque a farsi spazio. “Il poco che ho imparato, mi è stato insegnato da quelli che io chiamo i grandi pittori: Matisse, Derain, Picasso, Braque”: è Marie stessa a riconoscerlo. Eppure, l’artista che è stata soprannominata la signora del cubismo va oltre e impone il proprio stile. Pensate che la Laurencin è stata l’unica pittrice ad essere messa sotto contratto per oltre trent’anni dal notissimo mercante d’arte Paul Rosenberg, lo stesso che lavorava proprio con Braque, Picasso e Matisse.
Il secondo motivo per amarla è del tutto personale, lo ammetto. Siete mai stati a Parigi, al Museo dell’Orangerie? Se lo avete visitato, ricorderete senz’altro le Ninfee di Monet. Uscita da quella sala, mi sembrava di camminare in un sogno, con gli occhi ancora pieni di colore, luce suggerita e riflessi. Ho attraversato le altre sale più velocemente di quanto avrei dovuto, fino a quando un dipinto mi ha riportato di colpo alla realtà: quel dipinto era il ritratto di Coco Chanel di Marie Laurencin. Io ho iniziato a innamorarmi di lei in quel momento: se l’opera di una pittrice ha una tale forza da emergere anche in un contesto del genere, per me quella pittrice è una grande artista. Punto.
Il terzo motivo riguarda le sue prese di posizione. “Opportunista“, “Fauvette“, “Borghese“: Marie Laurencin è stata descritta dalla critica in molti modi non proprio lusinghieri. In realtà, il ritratto che emerge da aggettivi come questi è ingeneroso. La pittrice avrebbe potuto adattarsi alle influenze degli artisti che frequentava agli esordi, o al gusto e alla morale del tempo. Invece no: Marie definisce il proprio stile, rifiuta di piegare la sua arte alle richieste dei committenti – ricordate Coco Chanel? – e sceglie di andare controcorrente. In più, si spende per promuovere la presenza delle artiste nelle mostre e nelle esposizioni e rappresenta le donne non come oggetti da raffigurare, ma come protagoniste dalla personalità forte. In un mondo fatto di uomini, lei propone una dimensione diversa, forse troppo scomoda per essere accettata.
Se la critica artistica europea non le rende giustizia, è l’oriente ad apprezzarla senza riserve. All’inizio degli anni ottanta, l’industriale giapponese Mashairo Takano acquista moltissimi dei dipinti di Marie Laurencin. Nel 1983, a cento anni dalla sua nascita, un museo a lei dedicato apre i battenti nella città di Nagano: lunga vita, Madame Laurencin.