Maurits Cornelis Escher, incisore, biografia
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La biografia e le opere di Maurits Cornelis Escher, incisore e grafico olandese, ci riportano alla mente immagini che tutti abbiamo visto almeno una volta nella vita, nei contesti più diversi. Escher, infatti, ha saputo affascinare matematici, pittori, uomini di comunicazione, che si sono ispirati alla sua arte rafforzandone la suggestione.
Un uomo che ha rappresentato le leggi matematiche per intuizione, un artista che tra gli artisti si sentiva fuori posto, un carattere forte: Escher è enigmatico come le sue opere.
Maurits Cornelis Escher: le opere più famose
Difficile scegliere le opere più famose di Maurits Cornelis Escher, dato che tantissime sono molto conosciute: cercherò di essere il più democratica possibile, presentandovene alcune insieme alla biografia dell’incisore.
Figlio minore di un ingegnere idraulico, Escher non brillava negli studi e, a dispetto del fascino esercitato dalle sue opere sugli uomini di scienza, non aveva alcuna predisposizione per la fisica e la matematica. Al contrario, dimostrò presto il suo talento per le arti grafiche iscrivendosi alla Scuola di Architettura e Arti Decorative di Haarlem nel 1919. Qui incontrò il suo maestro, Samuel Jessurun de Mesquita, che lo guidò alla scoperta del disegno e della xilografia.
Una delle sue opere più famose, Cielo e Acqua I, realizzata dall’artista quasi vent’anni più tardi, fu orgogliosamente appesa da Mesquita nel suo salotto. Si tratta di una stampa xilografica in cui il piano viene suddiviso tra pesci bianchi e uccelli neri, incastrati tra loro come i pezzi di un puzzle. Nella parte centrale, l’osservatore vede alternativamente pesci o uccelli a seconda che l’occhio si concentri sugli elementi chiari o su quelli scuri. Man mano che i pesci salgono verso l’alto e gli uccelli scendono verso il basso, però, perdono i loro contorni per diventare uno sfondo uniforme di cielo o di acqua. È un motivo caro all’artista, che in molte sue opere esplora la compenetrazione tra figure di mondi differenti.
Dopo gli studi Escher inizia a viaggiare, arrivando in Italia nel 1922 e tornandoci più volte: qui incontra Jetta Umiker, la sua futura moglie. I due si sposano nel 1924, andando ad abitare a Roma: sono anni sereni, di studio e ricerca. Nel 1935 Escher realizza l’autoritratto Mano con sfera riflettente, in cui si raffigura nel suo studio, riflesso su una superficie convessa. In quest’opera i richiami ai pittori della sua terra d’origine, come Van Eyck, incontrano la pittura italiana, con un riferimento diretto all’Autoritratto entro uno specchio convesso del Parmigianino.
L’artista è felice in Italia, ma mal sopporta il regime fascista: per questo, nel 1935 si trasferisce con la famiglia in Svizzera. L’anno successivo, durante un viaggio in Spagna, Escher visita l’Alhambra di Granada: qui rimane affascinato dalle tassellature dei mosaici, iniziando a studiare la suddivisione del piano, uno dei temi fondamentali della sua produzione artistica.
Una delle tassellature più famose di Escher si ritrova nell’incisione Rettili, del 1943: dal motivo a mosaico disegnato su un foglio steso sulla scrivania prendono vita minuscoli coccodrilli. I piccoli rettili camminano lungo una specie di percorso a ostacoli, per poi tornare al punto di partenza e fondersi di nuovo con il disegno.
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All’avvicinarsi della Seconda Guerra Mondiale Escher si trasferì di nuovo, avvicinandosi ai luoghi della sua giovinezza e stabilendosi prima in Belgio e poi in Olanda. Lo stile delle sue opere cambia: animali, paesaggi e rielaborazioni del mondo naturale lasciano spazio a immagini legate alla riflessione interiore.
Nel 1948 Escher realizza una delle sue opere più conosciute, Mani che disegnano. Un foglio è attaccato con quattro puntine alla tavola di legno: sulla carta sono rappresentate due mani, ognuna intenta a disegnare l’altra. Osservando l’opera, la prima domanda che ci si fa è inevitabilmente: “Quale mano sta disegnando per prima?”. Un enigma senza fine, forse una riflessione sul tema dell’infinito.
Agli anni successivi appartengono alcune delle più famose architetture impossibili di Escher: forse la più celebre è Relatività, una litografia in cui l’artista rappresenta un incrocio di scale che rovesciano la percezione dello spazio. Le pareti diventano pavimenti, i pavimenti si trasformano in soffitti, i soffitti sfumano in scale. La struttura del quadro è studiatissima: tre diverse impostazioni prospettiche si incontrano e si fondono, partendo da tre distinti punti di fuga esterni al disegno. I punti di fuga, poi, sono i vertici di un immaginario triangolo equilatero. C’è di che far girare la testa, letteralmente: e forse è anche per questo che ritroviamo Relatività di Escher nel film Labyrinth, piccolo grande cult degli anni ’80. Nelle scene finali, David Bowie e gli altri protagonisti si muovono in un’ambientazione scenica che riproduce l’opera dell’incisore olandese.
Maurits Cornelis Escher: i libri su di lui da leggere
La biografia e le opere dell’incisore Maurits Cornelis Escher si conoscono meglio attraverso i libri che parlano di lui.
C’è un libro in particolare che racconta Escher da un punto di vista privilegiato e molto vicino: è il volume “Lo specchio magico di M.C. Escher”, scritto da Bruno Ernst. Ernst è un matematico tedesco – vi stupisce? – che per un anno intero fece visita ad Escher una volta alla settimana, finendo col diventarne amico.
Nel libro, Bruno Ernst parla delle opere dell’artista olandese, raccontandone il pensiero e il carattere a volte contraddittorio. Come l’assistente di un prestigiatore, svela gli studi sulla prospettiva visiva e i trucchi dietro le immagini, e ci fa entrare metaforicamente nel salotto di casa di Escher. Il libro, infatti, è ricchissimo di citazioni e aneddoti, ed è stato rivisto dallo stesso artista. Non aspettatevi, però, una “biografia autorizzata” rigida e celebrativa: le pagine scorrono e l’immagine che ne esce è viva, a tratti ruvida, sicuramente verace.
Vi appassiona la matematica? Lo specchio magico di M.C. Escher accontenterà anche voi: nel libro, infatti, Ernst spiega i problemi matematici collegati – ma sarebbe più corretto dire collegabili – alle opere dell’artista. Nel volume, infine, ci sono oltre 200 fotografie e illustrazioni.
Se, oltre alla sua biografia, vi intrigano le suggestioni matematiche e filosofiche dell’opera dell’incisore Maurits Cornelis Escher, vi suggerisco anche la monografia di Marco Bussagli per la collana Art e Dossier. L’autore, oltre a soffermarsi sulle origini della produzione dell’artista, dedica spazio alle rispondenze tra le sue opere e il mondo della matematica e della fisica, oltre che ai suoi viaggi. Da ultimo, racconta anche l’influenza che Escher ha avuto sulla comunicazione, sulla grafica e sul cinema.
Anche il catalogo della mostra su Escher organizzata a Treviso tra il 2015 e il 2016 è un ottimo riferimento. Il volume, insieme alle riproduzioni delle opere esposte, raccoglie diversi saggi di critici ed esperti, presentando le tecniche compositive e la struttura dei lavori dell’artista, il suo rapporto con l’Italia e il fenomeno dell’Eschermania. La mostra, pur rigorosissima, invitava i visitatori ad un viaggio in cui il divertimento intelligente era uno dei possibili percorsi: un filo conduttore che si sviluppa anche nel catalogo.
Infine, se volete avere moltissime delle opere di Escher a portata di mano sul vostro scaffale, il libro che vi consiglio è M. C. Escher. Stampe e disegni. Si tratta di un volume che riporta la bibliografia dell’incisore e grafico olandese, ma soprattutto di una raccolta illustrata di opere, con immagini di alta qualità e riferimenti bibliografici molto precisi.
Maurits Cornelis Escher: frasi celebri e aneddoti
Amato dai matematici senza essere un matematico, seguito dagli artisti del suo tempo senza sentirsi a proprio agio in loro compagnia, artista geniale e pessimo studente: non c’è da stupirsi se la biografia e le opere dell’incisore Maurits Cornelis Escher sono legate ad aneddoti curiosi.
Spesso è difficile capire il significato che un artista intende dare ad un’opera: anzi, alcuni movimenti artistici come il dadaismo e, in parte, il surrealismo rivendicano orgogliosamente la mancanza di significato delle loro creazioni. Incomprensioni e interpretazioni fantasiose sulle opere sono all’origine di molti episodi divertenti, come quello che sto per raccontarvi. Un giorno Escher ricevette una telefonata da una donna che si presentò come una sua grande ammiratrice e proseguì dicendo: “La sua stampa “Reptiles” è un’illustrazione impressionante della reincarnazione”. In realtà, l’artista non aveva voluto rappresentare nulla di tutto ciò, ma la signora era rimasta ferma nella sua convinzione. Il motivo? Nell’incisione, in basso a sinistra, era raffigurata una scatolina con la scritta Job: il nome di una marca di sigarette che la donna aveva preso per un riferimento al libro biblico di Giobbe.
Ingegneri, fisici e matematici hanno visto spesso nelle opere di Escher richiami a teoremi, concetti, leggi fisiche più o meno disattese e celebri paradossi. In realtà, l’artista non era molto portato per gli studi, ed è lui stesso a raccontarlo così a Bruno Ernst: «Non una volta mi diedero una sufficienza in matematica […] La cosa buffa è che, a quanto pare, io utilizzo teorie matematiche senza saperlo. No, ero un ragazzo gentile e un po’ stupido a scuola. Immaginatevi adesso che i matematici illustrano i loro libri con i miei quadri! E io che vado in giro con gente colta quasi fossi loro fratello o collega. Non riescono neppure a immaginarsi che io non ne capisco nulla»
Escher era un uomo deciso e un po’ solitario, che non amava essere al centro dell’attenzione. Ironia della sorte, le sue opere ebbero grande fortuna in tutto il mondo già durante la sua vita. All’inizio del 1969, sulla scrivania dell’artista arrivò una lettera con una richiesta. “Caro Maurits, per un bel po’ di tempo ho avuto tra le mani il tuo libro, e non smetto mai di stupirmi ogni volta che lo sfoglio”: il testo iniziava così, e proseguiva con una richiesta. Chi scriveva chiedeva a Escher di poter utilizzare una delle sue opere, edita o inedita, come copertina del prossimo album della sua band. La formula di commiato finale era semplice: “Cordialmente, Mick Jagger – per Rolling Stones Ldt.”. Voi cosa avreste fatto? Io avrei preso il telefono e avrei chiamato immediatamente (a carico del destinatario, precisava il testo). Escher no. Escher non solo non richiama Jagger, ma risponde con una lettera al suo assistente in cui rifiuta l’offerta per i troppi impegni. E invita senza mezzi termini il leader degli Stones a non allargarsi troppo: “A proposito, la prego di dire al signor Jagger che non sono Maurits per lui, ma molto sinceramente, M. C. Escher”
Aneddoti ed episodi rivelano molto del carattere dell’artista. Sono però le sue citazioni a offrirci una visione più ampia di come Escher intendeva le sue opere, rivelando lo studio tecnico e la ricerca filosofica che le accompagna.
Il tema dell’infinito provoca e appassiona l’incisore, che ne esplora il concetto in molte opere: ad esempio nella serie “Limite del Cerchio”, raffigura una serie di tassellature concentriche che diventano sempre più piccole man mano che si avvicinano al bordo del cerchio che le contiene. Le figure, pur restando perfettamente riconoscibili, una ad una, si riducono progressivamente e danno l’illusione di continuare senza fine. In una delle sue riflessioni, Escher scrive: “L’uomo è incapace di immaginare che in qualche punto al di là delle stelle più lontane nel cielo notturno lo spazio possa avere fine, un limite oltre il quale non c’è che il “nulla”.
La ricerca dell’artista olandese, dunque, nasce spesso dalla riflessione sul pensiero umano, dalla sfida di rendere concreta un’astrazione. Ernst nel suo libro lo descrive così: “Le astrazioni lo infastidivano, anche se le trovava intelligenti e ammirava tutti coloro che si sentivano a loro agio in questi mondi astratti. Quando l’astrazione offriva anche soltanto una possibilità concreta di collegamento, Escher poteva iniziare a rifletterci sopra”.
Lo stupore di fronte alle forme della natura è un’altra delle fonti di ispirazione di Escher: spirali e cristalli lo affascinano, perché rispecchiano il desiderio di ordine e di armonia dell’uomo, pur essendo molto più antichi. L’artista ne parla così, come se raccontasse una storia: «Molto tempo prima dell’apparizione dell’uomo sulla terra nella crosta terrestre crescevano i cristalli. Un bel giorno un essere umano vide per la prima volta un così risplendente frammento regolare, o forse lo colpì con la sua ascia di pietra, esso si ruppe e cadde ai suoi piedi: lo raccolse e lo esaminò tenendolo nella mano aperta e si meravigliò. Nei principi fondamentali dei cristalli c’è qualcosa che toglie il fiato”.
Maurits Cornelis Escher: perché amarlo
I motivi per innamorarsi di Maurits Cornelis Escher sono tanti quante le suggestioni che la biografia e le opere dell’incisore olandese riescono ad evocare. Qui vi racconto perché io lo considero tra i miei artisti preferiti.
Nelle sue opere ognuno trova un motivo per restare affascinato. Quando vi siete trovati di fronte a un’opera di Escher, cosa avete pensato? Vi siete stupiti per la sua tecnica, forse. Oppure avete iniziato a seguire i vostri occhi in un percorso che sembra perfettamente logico fino a quando la mente non fa suonare un campanello d’allarme. O ancora, avete iniziato a ragionarci come davanti a un rompicapo, ma con il gusto di chi regge il gioco a uno scherzo intelligente. In ogni caso, sono sicura che vi siete regalati per un attimo il piacere del gioco e della suggestione.
È un artista perfetto per far avvicinare i più piccoli all’arte. I bambini adorano le opere di Escher perché sono apparentemente semplici. Quando poi attiri la loro attenzione sui dettagli, l’espressione del viso cambia, passando dallo stupore al sorriso e dal sorriso alla concentrazione. Nelle sale della mostra su Escher a Treviso, ad esempio, c’erano giochi interattivi ispirati alle sue opere: i bambini giocavano, i genitori spiegavano con parole semplici. Esiste un modo più bello per far amare l’arte fin da piccoli?
Escher è stato un viaggiatore straordinario. Dall’Italia centrale e meridionale alla Spagna del sud, fino alla Svizzera, al Belgio e al Canada, l’artista olandese viaggiò moltissimo. Alcune delle riflessioni che ispirarono le sue opere nacquero proprio in viaggio, come l’idea delle tassellature, nata visitando l’Alhambra a Granada.
Il suo carattere è un enigma e a volte una contraddizione, proprio come la sua arte: viaggiatore e riservato, deciso al limite dello scostante eppure generoso. È ancora Ernst a offrirci uno scorcio sul suo modo di essere, raccontandoci che Escher, pur affermando di non curarsi degli altri, utilizzava gran parte del suo patrimonio per aiutare chi ne avesse bisogno.
Escher non ha condiviso il destino di altri grandi artisti, che spesso vengono apprezzati soltanto dopo la morte. Dalla critica all’arte, dal cinema alla pubblicità, i suoi contemporanei e i creativi vissuti dopo di lui hanno fatto a gara per ispirarsi alle sue opere. Un successo planetario, detto senza esagerazione, che dura ancora oggi. Vi avviso soltanto di una cosa: fate attenzione, l’Eschermania è contagiosa.