Francesco Petrarca scrittore, biografia
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Francesco Petrarca, autore di molte opere in lingua latina e di alcune in lingua volgare, è considerato il padre della cultura europea, uno dei primi intellettuali italiani che ha vissuto tra Italia e Francia.
Francesco Petrarca proviene da una famiglia fiorentina esiliata da Firenze. Suo padre, Pietro di Parenzo è un notaio che appartiene alla fazione dei guelfi bianchi.
I guelfi nel Medioevo erano i sostenitori del potere papale, mentre i ghibellini erano i paladini dell’imperatore. Quando alla fine del Duecento i guelfi sconfissero ghibellini, abituati com’erano a litigare, si divisero a loro volta in guelfi bianchi e guelfi neri. La famiglia Petrarca, come quella di Dante Alighieri appartenevano alla fazione dei bianchi. Ma all’inizio del Trecento i guelfi neri presero il potere e i bianchi furono costretti a scappare.
E così Francesco Petrarca, fiorentino, nasce ad Arezzo nel 1304, sotto il segno dell’esilio. Questa condizione di esule lo caratterizzerà per tutta la vita e inciderà sul suo carattere e sulla sua produzione letteraria.
Nel 1312 la famiglia Petrarca si trasferisce ad Avignone perché suo padre era stato convocato presso la corte pontificia. Nel corso del Trecento infatti, per circa una settantina d’anni la corte papale si trasferisce ad Avignone. Questo permette a Francesco Petrarca di crescere in un ambiente molto vivace dal punto di vista culturale e sociale.
Infatti nel 1316, spinto dal padre, inizia a studiare legge a Montpelier; nel 1320 si trasferisce di nuovo in Italia, a Bologna, dove prosegue gli studi assieme al fratello Gherardo.
Nel 1326 il padre di Francesco Petrarca muore. Questo lutto lo pone di fronte alla necessità di trovare un sostegno economico, ma gli permette anche di abbandonare gli studi di legge che il padre gli aveva imposto, per dedicarsi allo studio delle amate lettere.
Purtroppo però, nel Trecento, nessuna attività al di fuori del mondo ecclesiastico permette di dedicarsi allo studio; per questo, a 22 anni Francesco Petrarca decide di abbracciare la carriera ecclesiastica, gli ordini minori, non per chiamata divina (Petrarca è uomo di mondo, attratto sia dalla fama che deriva dall’essere poeta che dal gentil sesso) ma per seguire la sua vocazione letteraria e filosofica.
Entra così a servizio del cardinale Giovanni Colonna come cappellano di famiglia: una condizione questa che gli permette sia di viaggiare, che di cercare pace e isolamento per i suoi studi.
Nel 1327 accade un evento che cambierà la vita a Francesco Petrarca.
In quell’anno torna ad Avignone e il 6 aprile, nella chiesa di Santa Chiara, racconta di aver incontrato Laura, la donna che diventerà il suo nuovo riferimento. Sempre lui ci racconta che quel giorno era Venerdì Santo, il giorno in cui la chiesa celebra la morte di Gesù. Ma, gli storiografi hanno appurato che il 6 aprile del 1327 non era venerdì. Che cosa vuol dire questo? Che Francesco Petrarca si sia sbagliato?
Gli storici pensano che non si tratti affatto di un errore, vista la cura maniacale con cui Francesco Petrarca elabora i suoi scritti: ritengono invece che l’autore abbia voluto dare all’incontro con Laura una forte connotazione simbolica. La donna amata infatti è considerata il punto di congiunzione tra il sacro e il profano, due temi che lacerano la vita del poeta.
Nel 1337 si stabilisce a Valchiusa, nel Nord del Piemonte, luogo di pace e studio, per dedicarsi ai suoi amati studi. Nonostante la scelta di vita religiosa, in questa terra nasce il suo primo figlio naturale. Sono questi gli anni in cui inizia a lavorare ad alcune sue opere: i Trionfi, il De viris illustribus e l’Africa.
Nel 1340 ottiene il suo primo riconoscimento pubblico, la Laurea poetica, il titolo di massimo prestigio per un poeta. La proposta arriva sia da Roma che da Parigi, a dimostrazione della sua fama, e Francesco Petrarca accoglie la proposta italiana. Con grande emozione viene esaminato a Napoli dal re Roberto d’Angiò e l’8 aprile del 1341 è incoronato poeta a Roma, in Capidoglio: ottiene così il privilegium laureae che gli conferisce il diritto di insegnamento.
Ci sono anni in cui le nostre vite vengono sconvolte da eventi inaspettati, che ci portano a fare dei decisi cambi di rotta. Per Francesco Petrarca è il 1343 quell’anno cardine, anno in cui alcuni avvenimenti segnano profondamente l’animo del poeta:
- Nasce la sua seconda figlia naturale: questo mostra a noi, ma anche a lui, quanto la sua condotta fosse incoerente.
- Suo fratello Gherardo decide di farsi monaco certosino e di scegliere quindi con coerenza la sua strada: questa scelta mette ancora più in luce l’incongruenza dell’agire di Francesco Petrarca.
- Il re Roberto d’Angiò, che lo aveva incoronato poeta, e il cardinal Colonna muoiono quell’anno.
- Conosce Cola di Rienzo, uno studioso e condottiero italiano che sognava di riorganizzare il governo della città di Roma, devastata dai conflitti tra la popolazione e la nobiltà corrotta e violenta.
Questo intreccio di eventi segna l’inizio di un periodo di profonda crisi spirituale per Francesco Petrarca. Il poeta sente sempre di più il peso della sua incoerenza, la lacerazione che divide la sua anima. È un uomo di chiesa che non riesce a rinunciare ai richiami del mondo. È attratto dalle donne e dalla fama che gli procura la scrittura, la poesia.
Razionalmente sente che dovrebbe rinunciare ai beni terreni ma, non ci riesce e proprio in questa sua incapacità si radica la sofferenza della sua anima. Gli eventi del 1343 fanno aumentare sempre di più la consapevolezza della vanità dei beni materiali, ma nello stesso tempo cresce dentro di lui il senso di colpa per la sua incapacità di placare il suo desiderio di gloria.
Questo dissidio che lacera la sua anima trova pace nella scrittura: nel trovare la forma perfetta sembra trovare pace. Così in questo periodo scrive alcune opere in latino come il Secretum, il De otio religioso, e i Psalmi penitentiales e inizia a scrivere il De rerum vulgarium fragmenta, cioè il suo Canzoniere, l’opera che lo renderà immortale. Negli anni successivi scrive anche il De vita solitaria e il Bucolicum carmen.
La trasformazione avvenuta nel suo animo risveglia anche la sua coscienza morale e religiosa tanto che Francesco Petrarca inizia a partecipare agli eventi politici. Comincia infatti a delinearsi dentro di lui il sogno utopistico della restaurazione di un ordine universale, un sogno tipicamente medievale; e quando nel 1347 Cola di Rienzo progetta una rivoluzione a Roma, Francesco Petrarca tenta di raggiungere l’amico. Ma Cola di Rienzo viene presto arrestato e così sfumno anche i sogni politici del poeta.
Nel 1348 l’Italia e l’Europa vengono travolte da una terribile epidemia di peste. Francesco Petrarca viene raggiunto dalla notizia della morte di molti suoi amici e anche della sua amata Laura. Travolto dalla tristezza scrive Il trionfo della morte.
Tra la fine degli anni Quaranta e il 1362 la sua inquietudine lo porta a spostarsi continuamente tra Verona, Mantova, Padova, Firenze e Milano. Nel suo ricercare invano di placare il suo animo comprende quanto la sorte possa essere inclemente e quanto sia necessario trovare dei “rimedi” per affrontare le avversità della sorte. Così scrive il De remedii utriusque fortunae.
Nel 1350 fa un incontro importante che segnerà gli anni successivi: conosce Giovanni Boccaccio. I due diventano amici e tra loro si crea un legame molto profondo. Si pensi che quando Boccaccio aveva deciso di eliminare il Decameron, il suo capolavoro, Francesco Petrarca glielo impedì; è merito suo se oggi possiamo gustarlo.
All’inizio degli anni Sessanta si trasferisce a Venezia, poco a poco decide di restare nel Nord Est della penisola e inizia a farsi costruire una casa sui colli Euganei, nel padovano. E così, nel 1370 si trasferisce ad Arquà, oggi chiamata, in onore suo Arquà Petrarca, dove si dedica alla stesura del Canzoniere.
Qui muore nel 1374, assistito dalla figlia e dal genero.
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Periodo storico e letterario
Francesco Petrarca vive in pieno la crisi del Trecento, un secolo segnato da eventi devastanti come carestie, epidemie e guerre. Dopo la rinascita economica e demografica che coinvolge l’Europa, tra l’anno Mille e fino circa a metà del Duecento, una progressiva inversione di tendenza si manifesta nel continente. L’aumento della popolazione era stato massiccio tanto che il numero delle bocche da sfamare era diventato troppo alto rispetto alla produzione dell’epoca. Le popolazioni avevano quindi vissuto prima annate magre e poi vere e proprie carestie. La miseria aveva alimentato altra miseria e aveva coinvolto diversi settori produttivi, dal tessile all’edilizio; così dalle carestie alle epidemie il passo fu breve.
A metà del Trecento l’Europa viene travolta da una terribile epidemia di peste. Il morbo arriva dal mar Nero: lì la colonia genovese di Caffa è assediata dai Tartari, presso i quali gira il terribile morbo. I genovesi, scappando con le navi, inconsapevolmente portano in Europa la peste che si diffonde velocemente in tutto il continente e che, tra il 1348 e il 1349 si porta via circa un terzo della popolazione europea.
Anche Francesco Petrarca perde molte persone che gli erano care a partire dall’amata Laura. Questa perdita lascia un segno indelebile all’interno della sua opera più importante: il Canzoniere.
Ma i problemi per le popolazioni europee non finiscono qui: infatti, oltre a peste e carestia, arriva una guerra devastante che mette in ginocchio le popolazioni. Nel 1337 Francia e Inghilterra intraprendono un conflitto che insanguinerà l’Europa per più di un secolo: la guerra del Cent’anni, che si concluderà solo nel 1453.
Le cause del conflitto sono legate, come sempre, alla gestione del potere:
- In particolare la Francia e l’Inghilterra si contendono il potere sulla regione delle Fiandre.
- Inoltre il re di Inghilterra ha possedimenti in Francia, ma al sovrano inglese non piace essere suddito del re di Francia.
Il lungo conflitto può essere suddiviso in due fasi: nella prima fase l’Inghilterra risulta in vantaggio, mentre nella seconda la Francia recupera e sconfigge le forze inglesi.
È importante ricordare che il merito della vittoria francese vada attribuito anche alle imprese di Giovanna d’Arco, una fanciulla francese che sente di essere chiamata a liberare la Francia dall’invasore inglese. Ricordiamo anche, per onor di cronaca, che dopo aver contribuito a salvare la Francia, la pulzella d’Orleans, così era chiamata, viene arsa al rogo dai suoi compatrioti, ma questa è un’altra storia.
C’è un altro evento importante che caratterizza il Trecento e che si intreccia con la vita di Francesco Petrarca: la cattività avignonese. Con il termine “cattività”, che significa prigionia, si identifica il periodo, che va dal 1309 al 1377, in cui il papato trasferisce la sua sede, che tradizionalmente era sempre stata a Roma, ad Avignone. Bisogna sapere che, durante il Medioevo, Chiesa e Impero erano sempre in conflitto, perché entrambe le istituzioni cercavano di avere la supremazia l’una dell’altra. All’inizio del Trecento il potere del papato si incrina progressivamente tanto che con Clemente V la sede papale viene trasferita ad Avignone, sotto la protezione del sovrano francese, o come rivela il termine, sotto il suo potere.
Il padre di Francesco Petrarca viene chiamato ad Avignone proprio presso la corte papale e Francesco compie quindi i suoi primi studi in terra francese.
Le opere più importanti di Francesco Petrarca
Francesco Petrarca si dedica alla scrittura per tutta la sua vita. Uomo di lettere, appassionato lettore dei testi classici, convinto che la lingua più importante per la cultura del suo presente, ma anche del futuro sia il latino, si dedica maggiormente a scrivere testi per un pubblico colto.
Molte sono le opere scritte in latino:
- 66 epistole, cioè lettere, scritte in versi, che trattano di politica, di morale e del suo amore per Laura.
- Africa, un poema epico scritto in versi, esametri, che narrano le imprese di Scipione l’Africano, il generale romano che riuscì a sconfiggere Annibale durante la Seconda guerra punica. Pur convinto che quest’opera lo avrebbe reso immortale, Francesco Petrarca non la porta a termine.
- De viribus illustribus, una raccolta di biografie di uomini illustri di epoca romana. Anche quest’opera rimane incompiuta.
- Rerum memorandum libri, i libri che raccontano cose memorabili, una raccolta di virtù e vizi raccontati attraverso alcuni aneddoti. Anche quest’opera rimane incompiuta.
- De vita solitaria, trattato scritto dopo che il fratello Gerardo aveva deciso di farsi monaco. Qui Francesco Petrarca esalta la solitudine come momento di comunione con la natura, di riflessione grazie alla lettura, di consolazione tramite gli scambi epistolari.
- De otio religioso, opera che esalta la serenità della vita monastica. Qui l’autore dichiara la sua insoddisfazione: Francesco Petrarca sente il richiamo dell’anima verso la spiritualità ma non riesce a resistere alle tentazioni delle glorie terrene. Comprende di dover rinunciare alle gioie del mondo per dedicarsi alla preghiera e al silenzio.
- Secretum un testo in cui il poeta immagina di dialogare con sant’Agostino e di confessargli tutte le sue debolezze.
- De sui ipsius et multorum ignorantia, cioè discorso intorno alla mia ignoranza e a quella che affligge l’umanità; si tratta di uno scritto polemico, che risale al periodo veneziano, contro quattro giovani aristotelici che avevano rivolto critiche alla sua cultura.
Poche invece sono le opere scritte in lingua volgare perchè Francesco Petrarca riteneva che la lingua volgare non fosse adatta ad un uso letterario. Tuttavia scrisse i Trionfi e il Canzoniere.
Il poemetto allegorico I Trionfi è scritto in terzine di endecasillabi: in esso il poeta analizza e descrive i valori umani e spirituali che hanno guidato la sua vita, a partire dall’amore passionale fino all’eternità, che è il fine autentico delle speranze umane.
Il Canzoniere
Il titolo originale del Canzoniere, l’opera che lo ha reso famoso, è Francisci Petrarche laureati poetae rerum vulgarium fragmenta. Questo lungo titolo significa “insieme di testi, scollegati tra loro, scritti in lingua volgare dal poeta laureato Francesco Petrarca”.
Anche se lui non lo aveva previsto, perché era certo che avrebbe raggiunto la fama con le sue opere latine, il Canzoniere è considerato il capolavoro di Francesco Petrarca e lo ha consacrato poeta immortale.
Si tratta di una raccolta di componimenti poetici scritti in lingua volgare, scritti cioè nell’italiano del Trecento, chiamato volgare perché parlato dal volgo, cioè dal popolo.
La raccolta è costituita da 366 poesie, che sono state scritte tra il 1337 e il 1374, anno della sua morte. Tutte le poesie sono state corrette e rimaneggiate più e più volte, perché Francesco Petrarca voleva raggiungere la stessa perfezione tecnica che avevano raggiunto gli autori classici.
La maggior parte dei componimenti poetici ruota intorno alla figura di Laura. Considerando che Laura muore nel 1348 le liriche si dividono in due parti: quelle scritte mentre Laura era in vita e quelle scritte dopo la morte di Laura.
- Nelle poesie scritte in vita di Laura, la bellissima donna è indifferente, mentre il poeta è tormentato dal dissidio interiore. Il suo stato d’animo alterna tra momenti di gioia e di scoramento mentre il paesaggio è in sintonia con lo spirito del poeta.
- Nelle poesie in morte di Laura lei è compassionevole verso le sofferenze del poeta, che prova una profonda nostalgia per la sua amata. In queste poesie Laura viene idealizzata e anche in queste liriche il paesaggio sembra far cassa di risonanza allo stato d’animo dell’innamorato.
Ma nel 1348 non muore solo Laura, infatti la peste si porta via molti amici di Francesco Petrarca. E così il lutto nel Canzoniere assume un forte valore simbolico: la perdita di tanti affetti diventa il segno della fine di un’epoca e lo porta a fare un bilancio della propria esperienza umana e intellettuale. È in quel momento che decide di raccogliere le sue liriche in volgare in un libro unitario.
Quali sono i temi che il poeta affronta in queste liriche?
- Amore tormentato: Laura è una donna irraggiungibile ma lui sente di essere schiavo di questo amore.
- Dissidio interiore: Francesco Petrarca vive in perenne contrasto di sentimenti: è lacerato da una doppia istanza tra il cedimento alle passioni terrene e il richiamo religioso. Solo scrivendo il poeta riesce a conciliare la
- Fascino di Laura subisce gli attacchi del tempo: si tratta di un tema nuovo nella poesia del Trecento. Nel sonetto “Erano i capei d’oro a l’aura sparsi” testimonia il fatto che l’amore rimane immutato anche se la bellezza sfiorisce.
- Stanchezza del poeta: Francesco Petrarca manifesta la sua spossatezza ed esprime il bisogno di quiete e di riposo; addirittura talvolta vede nella morte una via fer sfuggire alle fatiche della vita. Il male del poeta viene definito come una malattia della volontà, l’accidia, che lo tiene in impasse, in un’eterna oscillazione tra ragione e sentimenti.
- Questioni politiche: tra una poesia d’amore e l’altra, ogni tanto Francesco Petrarca, dice la sua a proposito del fatto che la sede papale sia ancora ad Avignone e sollecita il papa a ritrovare la strada di Roma.
Il Canzoniere quindi:
- dà voce all’anima di Francesco Petrarca,
- racconta le sue oscillazioni tra stati fisici e psichici opposti,
- indaga nel buio della sua inquietudine,
- mette in luce i suoi contrasti religiosi e morali.
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Ma chi è davvero Laura?
Di Laura abbiamo solo le informazioni che Petrarca ci vuole tramandare:
- Sicuramente possiamo dire che Laura è personaggio letterario perché abbiamo poche informazioni su di lei e quelle poche sono anche imprecise.
- Sappiamo che Laura non è angelo ma una donna reale, bellissima, la cui bellezza sfiorisce col passare degli anni e che muore per colpa della peste.
- A differenza degli stilnovisti che cantavano la bellezza di donne angeliche che avevano il potere di nobilitare l’animo dell’innamorato, Laura è per il poeta un ostacolo al raggiungimento della pace spirituale. Questo amore è peccaminoso per Francesco Petrarca, incapace com’è di rinunciare sia a questo amore che ai sogni di gloria. Mentre l’amore per Beatrice avvicina Dante a Dio, l’amore per Laura è mosso dalla passione terrena e allontana il poeta dalla spiritualità e da Dio: quindi a volte Petrarca gioisce grazie a questo amore, altre volte prova sofferenza e rimorso.
- Il nome della donna amata ha diversi significati con i quali il poeta ama giocare:
- il Lauro è la pianta con cui vengono incoronati i poeti e lui tiene molto a questo premio;
- l’alloro, o lauro, è la pianta in cui Dafne si trasforma per sfuggire alle mire di Apollo;
- l’aura è il soffio del vento che anima la natura.
Ma, con tutti questi significati non vi viene il dubbio che lui abbia semplicemente scelto un nome adatto a cantare l’amore e che lei sia quindi un personaggio funzionale alla sua poesia? Il dubbio è lecito, ma la risposta non c’è!
Le liriche del Canzoniere sono scritte in quattro forme poetiche:
- sonetti – componimenti di 14 versi, tutti endecasillabi, divisi in 4 strofe, due quartine e due terzine;
- canzoni – componimenti costituiti da cinque o sette stanze (cioè strofe) di endecasillabi o settenari, che mantiene lo stesso schema di rime;
- ballate – componimenti di lunghezza variabile, con strofe e ritornelli, destinate alla danza;
- madrigali – componimenti brevi di argomento pastorale.
Nelle sue liriche Francesco Petrarca elimina tutti gli elementi quotidiani e concreti e leviga il linguaggio perché vuole renderlo eterno.
La lingua che lui utilizza è una lingua scritta per la letteratura, una lingua fluida ed elegante che realizza dopo un attento lavoro di limatura.
Un’altra caratteristica delle poesie del Canzoniere è legata alla descrizione soggettiva dello spazio che incornicia i componimenti, gli elementi della realtà sono sempre coerenti con lo stato d’animo del poeta, fanno da specchio, da cassa di risonanza alle sue emozioni.
Anche il tempo è segnato dalla consapevolezza del suo scorrere inevitabile. Per questo molti testi si alternano frequentemente tra presente e passato: nell’oggi rievoca gli eventi di ieri.
Pensiero e poetica di Petrarca
L’opera che ha reso famoso Francesco Petrarca fino ai giorni nostri, il suo Canzoniere, ha influenzato tutta la lirica occidentale: si pensi che per secoli i poeti si sono misurati con i modelli da lui proposti.
Ma la figura di Francesco Petrarca è difficile da delineare perché caratterizzata da un dualismo che permea vita, pensiero e opere. Lui dichiara di essere nato «sotto il segno dell’esilio» e di sentirsi «straniero ovunque»; chissà, magari proprio questa sua mancanza di radici spiega il suo dissidio interiore.
Il poeta spesso dichiara di essere lacerato tra due tensioni contrapposte:
- l’aspirazione alle glorie e ai piaceri della vita mondana,
- l’elevazione spirituale, al distacco dal mondo, alla riflessione su di sé.
Ma la dualità lo caratterizza anche per altri aspetti. Infatti Francesco Petrarca è una figura cardine tra il Medioevo e l’Umanesimo in quanto:
- alcuni suoi tratti lo delineano come poeta tipicamente medievale,
- altri aspetti lo caratterizzano come un poeta moderno, precursore dell’Umanesimo.
Possiamo dire che è un uomo del Medioevo per:
- la sua profonda religiosità,
- l’obbedienza ai dogmi,
- la formazione religiosa che lo porta a confrontarsi con i padri della chiesa e a mettersi in dialogo addirittura con Sant’Agostino,
- i suoi rapporti con le correnti mistiche medievali.
È invece da intendere come uomo dell’Umanesimo per:
- il suo amore per i classici,
- l’intensa attività filologica,
- la sua fede in una cultura disinteressata,
- la ricerca di una vita appartata dedita allo spirito e non alle attività pratiche.
Di sicuro possiamo dire che Francesco Petrarca incarna alla perfezione la nuova figura dell’intellettuale moderno, un inquieto pellegrino del mondo, uomo caratterizzato dall’incertezza e dal dubbio, perennemente insoddisfatto dei risultati artistici ottenuti, sempre alla ricerca di una verità che si nasconde nell’intimo dell’anima, più portato a porsi domande che a dispensare risposte.
Uno degli aspetti peculiari di Francesco Petrarca è l’atteggiamento che ha avuto nei confronti dei classici. Infatti egli si avvicina ai classici con il desiderio di guardare ai testi antichi non con l’occhio del medioevo ma con l’intensione di cogliere i valori originari che i classici vi avevano posto.
Si tratta di un atteggiamento del tutto nuovo perché fino ad allora tutti i testi classici erano stati letti attraverso le lenti della cultura cattolica, alla ricerca della rivelazione del divino in terra. Francesco Petrarca invece vuole cogliere e svelare i valori culturali e linguistici del mondo antico.
Nel fare questo lavoro egli si rende conto che le trascrizioni medievali sono piene degli inevitabili errori dei copisti. Per far ritrovare ai testi antichi la forma originale confronta tra di loro diversi manoscritti in modo da individuare gli errori di copiatura e correggerli. È proprio questo suo approccio scientifico a costituire la base a una nuova scienza, la filologia, che verrà consacrata dagli umanisti nel corso del Quattrocento.
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