Grazia Deledda scrittrice, biografia
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Grazia Deledda è stata la prima autrice italiana a vivere di scrittura. Ma la Deledda non si è dedicata solo alla scrittura: infatti la sua biografia ci parla di una donna che ha saputo armonizzare tutti gli aspetti della sua vita ottenendo riconoscimenti e successo in ogni ambito.
Ma prima di parlare della sua biografia è importante considerare una importante questione.
Grazia Deledda viene insignita del Premio Nobel per la Letteratura: è la seconda donna al mondo a ricevere tale onore e la prima donna italiana a vedersi riconoscere tale premio. Tutti coloro che hanno ottenuto un Nobel trovano spazio nei manuali di Letteratura. Invece per la Deledda non è così. Infatti in molti testi scolastici non si parla di lei, e quando è citata le viene lasciato uno spazio limitato e parziale. E com’è possibile?
Il mistero forse può essere svelato se lo si affronta come una questione di genere?
Sicuramente sì, però la faccenda è più complessa di quanto possa sembrare, quindi, andiamo con ordine.
La vita
Grazia Deledda nasce in Sardegna, a Nuoro, nel 1871. La sua è una famiglia benestante e numerosa. Lei nasce quinta in una nidiata di sette fratelli. Le condizioni della famiglia sono tali da consentire ai figli di studiare, ma Grazia è una femmina, e nella Sardegna di fine Ottocento non è molto importante che una ragazza abbia una solida istruzione: le bastano le conoscenze di base. Per questo le viene concesso di frequentare la scuola solo fino alla quarta elementare.
Ma Grazia è una scolaretta curiosa e vorace che ama imparare. L’istruzione acquisita non le basta e inizia a chiedere ai genitori di poter continuare a studiare. Sfiniti dalle insistenze della figlioletta i genitori chiamano un insegnante in casa. Il maestro individuato è un uomo di grande cultura: parla correttamente quattro lingue contemporanee, e il greco, e il latino.
Le lezioni si fanno in casa dove Grazia Deledda dispone della fornitissima biblioteca del padre. E così quello studio domestico amplia sempre più gli orizzonti letterari della giovane Deledda e nutre ogni giorno il suo sogno: diventare scrittrice.
Ha appena compiuto 15 anni quando un giornale locale accetta di pubblicare la sua prima novella. Grazia Deledda si esprime attraverso una scrittura narrativa che porta il lettore a immergersi nei paesaggi descritti. Con immediatezza e spontaneità Grazia delinea con efficacia paesaggi e personaggi, eventi e emozioni.
Nelle sue novelle d’esordio la scrittrice nuorese racconta le tradizioni della sua terra attraverso le vicende di uomini e donne, svela l’estemporaneità delle loro emozioni e la profondità dei sentimenti e dipana le anime aggrovigliate dei suoi personaggi.
I suoi conterranei però non apprezzano questi suoi scritti, forse perché lei riesce ad entrare troppo in profondità nelle pieghe della loro esistenza. Per questo non la apprezzano e anzi, iniziano anche ad osteggiarla per due motivi:
- non vogliono che lei continui a scrivere storie che li riguardano,
- non possono ammettere che una donna si dedichi alla scrittura.
La disapprovazione si fa sempre più evidente e insistente tanto che un giorno il prete del paese, durante una Santa Messa, interrompe l’omelia per intimare a Grazia Deledda di smettere di scrivere e di iniziare a dedicarsi a questioni più adatte ad una donna.
Come si sarà sentita in quel momento la giovane?
Nonostante il pubblico rimprovero Grazia Deledda continua a scrivere, sentendo però sempre più il peso di quella società arcaica, antica e rigida che vuole tarparle le ali. Pur amando profondamente la sua terra, inizia a sognare di andare via.
Nella Sardegna di fine Ottocento una ragazza però non ha molte possibilità di decidere per la sua vita: deve semplicemente sperare di fare un buon matrimonio perché quella è l’unica vita di affrancamento ammissibile. E Grazia Deledda sogna di trasferirsi a Roma per entrare in contatto con i grandi letterati della sua epoca: non le resta altro da fare che cercare un marito italiano che la porti sul continente.
Nell’ottobre del 1899 accade un fatto che imprime la svolta attesa alla sua vita.
Grazia Deledda partecipa ad una festa; il clima è gioioso, si scherza, si gioca, si ride. Come pegno di un gioco, per burla, lei deve indicare il suo possibile marito tra i convitati: Grazia Deledda indica Palmiro Madesani, un giovane con due mustacchi importanti.
Di lui la Deledda sa solo che è celibe e che proviene dall’Italia. Palmiro infatti è originario del mantovano ed è arrivato a Nuoro, come funzionario del Ministero delle Finanze.
Iniziato come un gioco quel matrimonio è destinato ad essere celebrato: infatti poco dopo Palmiro si presenta in casa Deledda e chiede la mano di Grazia. La fanciulla lo guarda dritto negli occhi e dichiara: “Sono disposta a sposarti subito a patto che entro un mese noi ci trasferiamo a Roma”.
E le cose vanno proprio così: nel gennaio del 1900 Palmiro e Grazia si sposano e la famiglia Madesani inizia la sua nuova vita nella capitale.
Grazia entra in contatto con intellettuali, scrittori e scrittrici, artisti e artiste dell’epoca: in particolare diventa amica di Matilde Serao, Sibilla Aleramo e della “divina” Eleonora Duse.
Nella capitale Grazia Deledda inizia non una ma due nuove vite: nella maggior parte della giornata è moglie fedele, madre affettuosa (dal matrimonio nascono due figli) e massaia accorta, ma ogni pomeriggio, tra le due e mezza e le quattro, Grazia si mette alla scrivania e scrive.
In meno di due ore al giorno, Grazia Deledda sforna più di cinquanta opere tra romanzi, novelle e opere teatrali. Da alcuni dei suoi testi vengono realizzati dei film, uno dei quali sarà interpretato proprio dalla sua amica Eleonora Duse.
Grazia Deledda è la prima scrittrice italiana che vive di scrittura, che mantiene la famiglia con i proventi dei suoi romanzi. Si pensi che anche suo marito decide di lasciare il suo incarico presso il Ministero delle Finanze, per diventare l’agente della moglie.
Nel 1927 le viene conferito, come prima donna italiana, il Premio Nobel per la Letteratura, un riconoscimento di enorme prestigio.
Grazia Deledda si spegne nel 1936 a Roma.
Periodo storico e letterario
La vita di Grazia Deledda si snoda tra le vicende più importanti della storia della Repubblica Italiana:
- la nuova capitale d’Italia è Roma;
- la Belle Époque;
- tra il 1914 e il 1918 l’Europa è sconvolta dalla Grande Guerra;
- nel 1924 in Italia si insatura il regime Fascista.
Nel 1871 la capitale nel nuovo Stato Italiano si stabilisce a Roma. La sede del potere politico, che prima era stata a Torino e a Firenze trova la sua collocazione definitiva nella Città Eterna. Roma diventa non solo il centro politico d’Italia ma anche il centro culturale della nuova Repubblica.
Col termine Belle Époque viene indicato il periodo che va dal 1871 al 1914, un periodo di grande fervore scientifico e tecnologico, culturale e artistico. In quel periodo le invenzioni scientifiche e tecnologiche cambiano la vita delle persone.
- L’illuminazione elettrica, la radio, il cinema allungano le giornate e rendono più confortevole la vita dell’uomo comune.
- La pastorizzazione, i vaccini e gli antibiotici migliorano le condizioni di salute di tutti.
- L’entusiasmo per tutte le innovazioni tecnologiche infonde fiducia smisurata nel potere del progresso.
Ma se da un lato il progresso sembra garantire vita serena a tutti. dall’altro molte tensioni serpeggiano tra i veri paesi europei. E queste tensioni sono destinate a sfociare in una guerra drammatica e devastante: la Grande Guerra che ha lacerato l’Europa.
Nel 1914, dopo l’attentato di Sarajevo in cui perde la vita Francesco Ferdinando, erede del trono asburgico, tutti i paesi europei vivono un comune stato d’animo: la guerra sembra inevitabile.
Nell’agosto del 1914 un’euforia inconsapevole travolge l’Europa: 6 milioni di soldati si mobilitano per il fronte. Partono allegri e pieni di fiducia: le nuove armi renderanno la guerra rapida.
Tutti sono convinti che il conflitto sarà breve: “A Natale saremo a casa” dicono i soldati a fidanzate e mamme che li accompagnano al treno per il fronte.
La realtà però si rivela molto diversa: quella guerra che si prospettava breve, dura più di quattro anni e mobilita 60 milioni di soldati. Muoiono circa 10 milioni di uomini e altrettanti sono resi invalidi dalle ferite.
E alla fine della guerra la Spagnola si porta via 12 milioni di europei.
Il dopoguerra registra disoccupazione, inflazione e conflitti sociali. Il disagio socioeconomico spiana la strada, in Italia e in altri paesi europei all’instaurarsi di regimi totalitari.
Il Fascismo:
- ridisegna l’Italia,
- reprime il dissenso,
- toglie le libertà civili ai cittadini.
Grazie ad un sapiente uso della propaganda e della censura la popolarità di Mussolini cresce tra il 1924 e il 1936, anno in cui inizia inesorabilmente ad aprirsi il divario tra il regime fascista e i cittadini italiani.
Le opere più importanti di Grazia Deledda
Le opere più importanti che Grazia Deledda porta a termine sono 56: tra esse troviamo romanzi, novelle, testi teatrali e sceneggiature per il cinema. Moltissimi sono i romanzi che vengono tradotti in altre lingue europee.
Vediamo alcune delle opere più che l’hanno resa celebre: “Cenere”, “Marianna Sirca” e La madre”.
Cenere è un romanzo, scritto nel 1904, in cui racconta le vicende di Anania.
Anania è figlio di Olì, una ragazza che, nella Sardegna di primo Novecento, si innamora di un uomo sposato. Lui prima le promette mari e monti, poi quando lei rimane incinta, la lascia sola.
Olì viene ripudiata dalla sua famiglia e vive per alcuni anni col bambino. Un giorno decide di abbandonarlo sulla porta della casa del padre con la speranza che il bambino possa avere delle opportunità maggiori di quante possa offrirgliene lei.
Ma Anania trascorre una vita tormentato. Prima si dispera nel tentativo di capire come mai la madre lo abbia abbandonato; poi inizia a cercarla. Intanto nella nuova famiglia ha l’opportunità di studiare e di sposarsi con una giovane donna di cui era innamorato fin da ragazzo.
Quando trova sua madre, vorrebbe toglierla dalla strada e portarla a casa sua. Ma come può, la sua giovane moglie, accettare di trovarsi in casa un’accattona? La situazione è difficile e sembra senza via d’uscita, ma la madre, ancora una volta sceglierà di sacrificare sé stessa per il bene del figlio.
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Il romanzo Cenere ci mette di fronte a emozioni contrastanti: da un lato emerge la bellezza della vita e dall’altra esplode tutte l’angoscia che caratterizza l’esistenza dei personaggi. I protagonisti vivono in un mondo lontano ma le emozioni che lacerano il loro animo sono attuali: come gli inganni dell’amore, l’abbandono e la solitudine, lo smarrimento e la vergogna.
Marianna Sirca, pubblicato nel 1915, racconta di un amore impossibile tra Marianna e Simone Sole, un bandito.
Anche se i due protagonisti sono legati da un sentimento profondo e il loro amore sembra poter superare ogni ostacolo, il mondo vi si oppone.
Sullo straordinario affresco della Sardegna di primo Novecento Marianna e Simone snodano il loro tormento. Lui è lacerato tra l’amore per Marianna e la sua condizione di bandito; lei è disposta a sfidare tutto il mondo per difendere il suo amore impossibile.
Nel 1920 Grazia Deledda pubblica La madre.
Paulo è un giovane sacerdote che vive con la madre, con la quale ha un bellissimo rapporto: sono amici e complici. Quando Paulo si innamora di Agnese, la donna non può che cercare di riportarlo sulla retta via.
Ma la situazione è complessa e la Deledda, con abilità, ci porta a leggere nelle pieghe dell’animo travolta dalla colpa e dalla vergogna, dalla malafede e dal pentimento.
Canne al vento
Canne al vento è il romanzo più famoso di Grazia Deledda. Viene pubblicato a puntate nel 1913 e solo successivamente viene edito da Treves.
Il tema affrontato dal romanzo è quello della fragilità umana e del dolore del vivere.
La vicenda è narrata su un piano temporale spesso interrotto da racconti del passato che servono a ricostruire la storia dei protagonisti.
Il romanzo inizia con la presentazione delle tre “dame Pintor” testimoni della decadenza della loro famiglia, un tempo molti ricca e ora ridotta alla miseria. Custode del loro poderetto, Efix, fedele servitore che sogna di aiutare le dame a ripristinare l’antico splendore della casa.
Tra presente e passato si delinea la vicenda: il nobile e arrogante don Zame Pintor aveva tre figlie che custodiva gelosamente in casa in attesa di dare a ognuna di loro un buon matrimonio. Ma la vita ritirata delle ragazze e l’arroganza paterna, sono diventate insopportabili per Lia, che, un giorno riesce a scappare di casa.
Sparita per molto tempo un giorno arrivano notizie dal continente: Lia è in procinto di sposare un commerciante.
La notizia scatena emozioni contrapposte:
- il disappunto di chi ritiene che una nobildonna non possa sposare un bottegaio;
- la rabbia del padre che si vede sfuggire una figlia;
- il disdegno delle sorelle obbligate a un destino di imposizioni paterne.
Una notte don Zame, uomo violento, padrone della casa e delle cinque donne, viene trovato morto.
Inizia così il declino della famiglia.
Lia ha poi un figlio e qualche anno dopo rimane orfano. Il giovane Giacinto decide quindi di ritornare nelle terre di sua madre.
L’arrivo di don Giacintino, così lo chiamano le zie, crea un certo scompiglio: il brio della giovinezza e della mondanità si scontra con un mondo pieno di rigidità e tradizioni:
- tra figure magiche che popolano le notti e rituali scaramantici,
- tra la vitalità della natura e la grettezza dell’umanità.
La magia delle parole di Grazia Deledda si compie nelle descrizioni del mondo interiore del fedele Efix, il vecchio servitore attorno al quale ruotano i vari personaggi.
Ma l’autrice continua a spostare il punto di vista in modo che il lettore possa percepire da vicino il sentire degli attori della vicenda.
Dal romanzo emergono:
- la Sardegna con i suoi paesaggi e le sue tradizioni,
- la miseria dei suoi abitanti e l’onore che muove le scelte della vita di ognuno,
- la superstizione popolare,
- il conflitto tra la Sardegna arretrata e immobile e le spinte del progresso.
La storia narrata da Grazia Deledda non resta chiusa nei confini della Sardegna e neppure dell’Italia perché Canne al vento, come molti altri romanzi, viene tradotto in tutto il mondo e diffonde ovunque l’energia naturale e autentica che fluisce dal dalla sue pagine.
Pensiero e poetica di Grazia Deledda
Grazia Deledda è poco considerata nel panorama letterario italiano. Innanzitutto è una donna e in Italia si ritiene che le donne debbano dedicarsi essenzialmente alla famiglia. Anche il regime fascista insiste su questo punto.
Si pensi ad esempio che il fatto che suo marito, Palmiro Madesani, abbia rinunciato al suo lavoro per fare l’agente della moglie è visto molto male. C’è chi dice che lui abbia trovato la sua “gallina dalle uova d’oro” e chi addirittura scive un romanzo in cui ironizza sulla sorte di un uomo che ha acquisito il cognome della moglie e gli fa da cavalier servente.
Un’altra definizione che viene data di lei è che la Deledda sia “una casalinga prestata alla letteratura”.
Ma c’è un altro problema: la Deledda scrive tra Ottocento e Novecento. Le due correnti letterarie di questo periodo sono il Verismo e il Decadentismo.
Il Verismo si sviluppa in linea col Naturalismo francese e si pone come obiettivo quello di mostrare, attraverso una narrazione rigorosamente oggettiva, la realtà sociale del Sud.
Il Decadentismo è un fenomeno complesso di difficile definizione. Le opere del Decadentismo esprimono
- il disagio esistenziale degli intellettuali,
- la sfiducia nella ragione,
- la crisi dei valori della tradizione.
Emilio Cecchi, uno dei più importanti critici letterari italiani afferma che «Ciò che la Deledda poté trarre dalla vita della provincia sarda, non s’improntò in lei di naturalismo e di verismo … Sia i motivi e gli intrecci, sia il materiale linguistico, in lei presero subito di lirico e di fiabesco…».
Un altro autorevole critico letterario, Natalino Sapegno, dichiara che la Deledda inserisce troppi temi autobiografici per essere considerata un’esponente del Verismo. La Deledda non guarda la realtà con sguardo scientifico, com’è tipico del Verismo, ma guarda l’ambiente in cui si snodano le vicende umane con sguardo trasognato e con linguaggio lirico.
Molti critici si sono spesi per cercare di affibbiare un’etichetta alle opere della Deledda; ma risulta difficile incasellare una produzione così ricca in una definizione: è difficile quindi attribuirle un genere letterario.
E così, forse per paura, forse per invidia o forse per incapacità, si è preferito farla sparire dai manuali e smettere di parlare di lei.
Grazia Deledda inizia la sua carriera raccontando usi e costumi della tradizione sarda. Lei ama guardare le vicende umane attraverso le emozioni dei suoi protagonisti. Le vicissitudini personali si arricchiscono di elementi caratteristici della ricca cultura sarda, una cultura nata dagli incontri di molte popolazioni.
Dai suoi romanzi emergono:
- le regole della società patriarcale sarda;
- la religiosità popolare, autentica e vibrante, che regola la vita di ognuno;
- la forza delle passioni umane che possono travolgere;
- il senso di colpa e il senso di peccato;
- il dualismo tra bene e male
- la convinzione che esista un fato, un destino, che muove le fila della vita di ognuno e al quale bisogna dare rispetto.
Un elemento importante da considerare è la lingua. La lingua madre di Grazia Deledda è il sardo, ma la scrittrice usa l’italiano, una lingua non sua. Grazie alle sue opere la Deledda riesce a creare un ponte di comunicazione tra due mondi, la civiltà sarda, la società nuorese, con il resto del mondo.
Le sue opere infatti vengono tradotte in molti paesi; a volte la Deledda decide di pubblicare alcuni romanzi, prima all’estero per poi diffondere l’edizione italiana alla luce del successo all’estero.
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