Torquato Tasso scrittore, biografia
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Torquato Tasso è uno dei maggiori scrittori italiani del Cinquecento; la sua biografia ci parla di un uomo in cui sono già presenti le contraddizioni, le istanze contrapposte, tipiche dell’uomo moderno.
La vita
Torquato Tasso nasce a Sorrento nel 1544. La famiglia è nobile e il padre Bernardo, di origine bergamasca, è poeta e uomo di corte. Il lavoro del padre impone alla famiglia frequenti spostamenti tra una corte e l’altra e Torquato avrà così modo di conoscere molte corti e molti cortigiani.
- Compie i primi studi a Napoli, ma già a 10 anni è costretto a seguire il padre a Roma.
- Due anni dopo muore la madre e lui viene inviato nel bergamasco.
- L’anno successivo il padre lo porta a Urbino perché è entrato al servizio del duca urbinate. A Urbino Torquato Tasso ha la possibilità di studiare assieme al figlio del duca e intraprende per la prima volta un percorso letterario. Questo è un periodo sereno nella vita di Torquato Tasso, che è segnata da molti travolgimenti.
- Nel 1559, a soli 15 anni, dopo aver cambiato nuovamente città e essere approdato a Venezia, comincia il poema epico “Gierusalemme” da cui poi deriverà la sua opera più importante.
- La città successiva è Padova; qui conosce il pensiero di Aristotele, massimo poeta greco e inizia un altro poema epico, il Rinaldo.
- Nel 1565 Torquato Tasso si trasferisce a Ferrara ed entra a servizio del cardinale Luigi d’Este.
Finalmente alla corte degli estensi trova le condizioni necessarie per dedicarsi alla scrittura. Rispolvera quindi il suo poema epico a cui lavorerà per tutta la vita. Per la corte degli estensi scrive il dramma pastorale Aminta, un’opera teatrale che viene molto apprezzata.
Nel 1575 la sua opera è conclusa. Purtroppo però Torquato Tasso non riesce a godere della soddisfazione del lavoro finito perché nuove inquietudini lo travolgono.
Sono gli anni della Riforma protestante e della Controriforma cattolica, anni in cui il Tribunale dell’Inquisizione passa al vaglio tutte le opere letterarie al fine di eliminare tracce di blasfemia.
Torquato Tasso, travolto dai dubbi, temendo di essere caduto nel peccato, fa analizzare la sua opera al Tribunale dell’Inquisizione. L’opera viene assolta, ma il duca d’Este non apprezza il fatto che un suo cortigiano si sia presentato, spontaneamente, ai terribili giudici inquisitori.
Per questo il duca spinge Torquato Tasso a ritirarsi in convento, per placare la sua inquietudine. Il poeta però decide di partire e ritorna a Sorrento, sua città natale, dove abita ancora la sorella. Nei due anni successivi Torquato Tasso continua a viaggiare nel tentativo di ritrovare la pace interiore.
Quando, alla fine degli anni Settanta, torna a Ferrara si presenta alla corte estense il giorno del matrimonio del duca Alfonso d’Este. Offeso per non esser stato accolto come ritiene di meritare, Torquato Tasso, in preda ad un attacco d’ira, aggredisce verbalmente lo sposo, il duca Alfonso.
Il poeta paga cara questa intemperenza perchè viene rinchiuso in manicomio. La vita da recluso gli da la possibilità di dedicarsi alle lettere, ma mentre era dentro, fuori accade qualcosa che lui non aveva previsto.
I suoi amici, che avevano letto la sua opera, decidono di darla alle stampe col titolo “Gerusalemme liberata”. Torquato Tasso si arrabbia molto perché l’opera era ancora da finire e da limare, ma il grande successo ottenuto dal poema placa le sue ire. Infatti il successo è tale che, proprio grazie al grande consenso di pubblico, Torquato Tasso viene liberato e esce dal manicomio.
Tasso decide però di allontanarsi da Ferrara e, negli ultimi dieci anni di vita:
- trascorre un periodo alla corte dei Gonzaga,
- si trasferisce a Roma.
- è ospite a casa di amici a Napoli,
- sistema la sua opera,
- ottiene una pensione dal papa Clemente VIII.
Muore a Roma nel 1595 e viene sepolto nella chiesa di Sant’Onofrio.
Periodo storico e letterario
Torquato Tasso vive la sua vita dopo la metà del Cinquecento.
Tra Quattrocento e Cinquecento, due rivoluzioni culturali, Umanesimo e Rinascimento, avevano contribuito a dare fiducia nelle capacità e nelle possibilità dell’uomo; il centro dell’universo umano non era più Dio, come nel Medioevo, ma l’intera umanità.
Arti e scienze erano fiorite e la fiducia illuminava le menti umane. Pittori, scultori e architetti abbellirono la penisola italica con le loro opere straordinarie: dalla cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze, realizzata da Brunelleschi, alla Cappella Sistina a Roma a cui hanno lavorato i più grandi pittori rinascimentali, come Botticelli, Perugino e Michelangelo, l’Italia diventa la culla della rinascita dell’uomo.
Ma tanta bellezza ha un costo e Roma è disposta a fare carte false per rendere sempre più sfarzosa la corte papale.
Nel 1517 il monaco agostiniano Martin Lutero affigge sulle porte del duomo di Wittenberg, 95 tesi. In questo documento lui argomenta la sua accusa di corruzione alla chiesa di Roma.
Uno dei punti su cui si ferma l’accusa luterana è la vendita delle indulgenze, un mercato che schiaccia la povera gente per permettere la costruzione delle cattedrali a Roma.
Questo atto di protesta riscuote un successo inatteso: i principi tedeschi, stufi di pagare imposte destinate ad abbellire la città eterna, ma a impoverire le plebi d’oltralpe, sostengono Lutero.
E così, in poco tempo, il mondo germanico prende distanza da Roma e si libera sia del potere del papato che di quello dell’impero. I principi tedeschi seguono Lutero e smettono di pagare le tasse a Roma.
La chiesa e l’Imperatore Carlo V, rimangono spiazzati. L’imperatore muove tutte le sue pedine per poter sanare la frattura, ma ogni tentativo risulta vano. Minacce e salvacondotti, convocazioni e convegni non impediscono alla nuova religione, il protestantesimo, di diventare religione ufficiale del mondo germanico.
Come ultima azione, la chiesa convoca il Concilio di Trento nel 1545. Trento è in una posizione intermedia tra Roma e i dissidenti. Ma i protestanti si presentano, riaffermano le loro ragioni e se ne vanno.
La Chiesa allora decide di fare comunque una riflessione; è consapevole che corruzione e simonia sono peccati molto comuni nel clero. Pertanto decide di operare una riforma moralizzatrice; il Concilio dura 18 anni, fino al 1563.
Ma quella Chiesa riformata, nel tentativo di moralizzare un clero corrotto e blasfemo, diventa ancora più intransigente soprattutto con i fedeli, il popolo cattolico.
Vengono istituiti nuovi ordini religiosi, come i Gesuiti, e viene reso ancora più terribile il tribunale dell’Inquisizione, istituzione già presente nella chiesa, con le sue torture e gli atroci spettacoli fatti di roghi e di esecuzioni sulla pubblica piazza.
In questo contesto di oscurantismo culturale, si colloca la vita di Torquato tasso. In lui lottano due istanze contrapposte: la fiducia nell’uomo e nelle sue capacità, tipica del Rinascimento, e la paura, il terrore, del peccato veicolati dalla cultura della Controriforma.
Le opere più importanti di Torquato Tasso
Torquato Tasso si dedica alla scrittura per tutta la sua esistenza tormentata. Scrive principalmente opere in rima e diventa famoso per le sue poesie, per il dramma teatrale intitolato Aminta e la Gerusalemme liberata.
Circa duemila sono i testi poetici che Torquato Tasso, poeta di corte, scrive. Il poeta cortigiano è un professionista delle lettere e per questo scrive rime per ogni occasione. Molti sono infatti gli argomenti trattati e spesso fa anche riferimento alle sue viecende autobiografiche.
Tre sono i metri che predilige:
- Il sonetto è un componimento di quattordici endecasillabi in rima, divisi in due quartine e due terzine. Si tratta della forma poetica per eccellenza della tradizione poetica italiana.
- La canzone è un componimento più lungo, formato da un numero vario di strofe (da 5 a 7) in cui il poeta si rivolge direttamente al lettore o al componimento stesso.
- Il madrigale è un breve componimento poetico ad argomento pastorale.
Torquato Tasso scrive anche alcuni testi teorici realtivi all’arte poetica e al genere eroico. Tra il 1575 e il 1795 scrive anche 28 dialoghi dedicati a vari argomenti com el’amore, lal nobiltà e la virtù.
L’Aminta è un’opera a tema pastorale, un dramma destinato a essere messo in scena alla corte degli estensi, a Ferrara.
Viene messa in scena per la prima volta il 31 luglio del 1573 a Ferrara da una famosa compagnia teatrale dell’epoca, la Compagnia dei gelosi. La commedia risuote un tal successo che l’anno successivo viene replicata alla corte di Urbino.
La vicenda narra dell’amore di Aminta, un giovane pastore, per Silvia, una ninfa mortale. La ninfa però è insensibile alla corte del valente pastore. Un giorno, mentre Silvia è presso ad una fonte, un satiro cerca di farle violenza. Aminta, che si trova nei paraggi, interviene rapido e salva la fanciulla.
Questo atto eroico non scioglie il cuore di Silvia che, senza ringraziare Aminta, scappa via.
Durante una battuta di caccia, viene trovato il velo di Silvia sporco di sangue. Tutti credono che la giovane sia stata sbranata dai lupi. Aminta, disperato per la morte della fanciulla, decide che la vita non meriti più di essere vissuta e si getta da una rupe.
Nessun prodotto trovato.
Ma Silvia non è morta e ricompare sulla scena quando ormai il suicidio di Aminta si è consumato. Alla tragica notizia la fanciulla prova un terribile turbamento: si rende conto di essere innamorata del giovane pastore.
Ma Aminta riappare: un cespuglio aveva attutito la sua caduta e viene ritrovato, svenuto ma vivo. Il lieto fine vede l’incontro del due giovani: l’amore trionfa, ma solo che dopo ognuno di loro ha rinunciato a una parte di sé per aprirsi all’altro.
La commedia è scritta in endecasillabi e è divisa in cinque atti, secondo i canoni della tragedia classica.
Per quanto riguarda i personaggi, la critica ha ipotizzato che Torquato Tasso abbia preso spunto dai cortigiani della corte ferrarese. E così, ad esempio:
- Aminta, con la sua indole sensibile, rappresenta lo stesso Torquato Tasso;
- Tirsi, il compagno di Aminta rappresenta la Poesia;
- Silvia invece è Eleonora d’Este, figlia del duca.
In questa favola cinquecentesca il poeta ci parla di amore e di libero arbitrio.
Aminta si scontra con l’amore non corrisposto e deve scegliere come affrontare la situazione.
A quell’epoca le donne non avevano possibilità di scelta, ma Aminta accetta la ritrosia della ragazza. Rispetta la sua scelta e non chiede nulla neppure quando lei dovrebbe mostrargli la sua riconoscenza. Ci troviamo quindi davanti a un amore moderno, rispettoso del desiderio di lei.
Quando la fanciulla appare morta, il giovane decide di togliersi la vita. L’amore per la ninfa è tale che il giovane non trova più senso nella sua vita.
Sicuramente per noi oggi la scelta è esagerata e assolutamente sbagliata. Ma in un’epoca in cui le donne sono solo territorio di conquista, sono oggetti da possedere, senza alcun diritto di scelta, un atto del genere assume un significato nuovo. La scelta di Aminta ci mostra un amore puro, non interessato solo all’impulso e al possesso.
Silvia, dal canto suo, rifiuta quell’amore che sente importuno. Quando però lui si toglie la vita per il dolore di averla persa, la ninfa viene travolta da un sentimento che non conosceva. Il turbamento che lei prova la fa render conto di quanto lei fosse attratta da lui.
E il finale è un trionfo di amore e di gioia.
La Gerusalemme liberata
Sia il titolo e che la pubblicazione dell’opera di Torquato Tasso non sono opera di Torquato Tasso.
Infatti il poeta aveva scritto, nel corso degli anni la sua opera e le aveva cambiato titolo più volte:
- Gierusalemme,
- Rinaldo,
- Goffredo,
- Gerusalemme conquistata.
Nessuna delle quattro versioni era stata data alla stampa. Ma quando Torquato Tasso, dopo aver aggredito verbalmente il duca d’Este, viene internato in un manicomio, alcuni amici decidono di divulgarla cambiandone il titolo in Gerusalemme liberata.
Torquato Tasso si arrabbia molto, l’opera è ancora in “brutta copia”, è da finire. Ma il successo incredibile riscosso dal poema placa le ire del poeta.
La vicenda narrata si colloca nell’ultimo anno della prima crociata, che era stata bandita dal papa Urbano II nel 1095. Alcuni cavalieri accolgono la richiesta del papa e partono. Tra questi valorosi si distingue la figura di Goffredo di Buglione, cavaliere franco.
All’inizio del poema l’Arcangelo Gabriele appare a Goffredo e gli ordina di prendere il comando della spedizione.
Il poema eroico si snoda tra battaglie e amori che nascono: spesso gli innamorati appartengono alle opposte fazioni e gli amori sono destinati a essere sacrificati. Importante è la vicenda di Tancredi e Clorinda, cavaliere cristiano lui e eroina pagana lei. I due si scontrano in battaglia: lui non si accorge che il prode cavaliere a cui ha inferto il colpo mortale altri non è che la sua amata Clorinda.
Il poema contiene anche un tema encomiastico come era stato per l’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. Infatti uno dei cavalieri più valorosi è Rinaldo, che è il capostipite della famiglia Este. Era compito del cortigiano celebrare le origini e la nobiltà della famiglia che gli dava sostentamento.
I temi affrontati nella Gerusalemme liberata sono:
- l’amore che condisce ogni vicenda narrata e gli innamorati sono spesso destinati al sacrificio;
- la natura fa da sfondo alle vicende, ma talvolta assume valore simbolico, funzionale al procedere della narrazione;
- la natura umana è presentata nelle sue sfaccettature: i caratteri dei personaggi non sono fissi, ma presentano incoerenze e incongruenze tipiche di uomini e donne reali;
- la religiosità, che permea il poema e presenta l’eterno conflitto tra bene e male;
- la magia, che si intreccia con le vicende belliche e i “buoni” sono sostenuti dalla magia bianca, mentre la parte avversa da quella nera.
Lo stile con cui Torquato Tasso scrive il suo poema eroico è molto elevato. Il poeta vuole che la Gerusalemme liberata abbia la stessa dignità della tragedia, genere sublime per eccellenza.
Attraverso un sapiente uso di citazioni classiche e una musicalità prima sconosciuta il poeta realizza un’opera straordinaria. Torquato Tasso, grazie anche all’uso massiccio di figure retoriche, crea un linguaggio ricco, fluido e avvincente.
Pensiero e poetica del Tasso
La figura di Torquato Tasso si colloca nel periodo del Manierismo, un’età che risente di opposte influenze: da un lato la fine del Rinascimento, con la sua fiducia nell’uomo e nelle sue capacità, dall’altro l’oscurantismo della Chiesa riformata che vuole incatenare i fedeli ai suoi dogmi e alle sue rigide regole.
Queste due opposte dimensioni contribuiscono a rendere più profonda la lacerazione che abita l’animo del poeta. Torquato Tasso, con la sua personalità tormentata, mostra tendenze ambivalenti che sono tipiche di un’età in crisi. La fine del Cinquecento apre a un nuovo stile artistico che sarà poi rappresentato dal Barocco e il poeta sente il peso di questa evoluzione, del cambiamento.
Un elemento importante della poetica di Tasso è la verità: lui ritiene che la poesia debba nascere da fatti realmente accaduti, raccontati in modo verosimile. Solo rispettando questi parametri il poeta è libero di inventare e di creare. Questo è il motivo per cui Tasso sceglie come argomento del suo capolavoro la prima crociata: ai personaggi storici affianca figure verosimili.
Troviamo la dimensione della verità anche nelle Rime del poeta: in esse infatti emergono molti elementi autobiografici, tratti da momenti particolari della sua vita.
Le caratteristiche della sua poetica posso essere individuate, oltre che nelle opere maggiori, proprio anche nella sua ricchissima produzione lirica. Nelle oltre duemila Rime, Torquato Tasso si mette in gioco con forme poetiche diverse e temi vari:
- Il tema dell’amore e quello della morte vengono indagati nelle loro diverse sfumature.
- La riflessione religiosa, appesantita dalle nuove norme, apre baratri di paura del peccato.
- Il tema encomiastico: i frequenti spostamenti di Tasso rendono necessario onorare di volta in volta la famiglia presso cui il poeta viene ospitato.
- Le varie riflessioni si intrecciano spesso con le inquietudini che tormentano la quotidianità del poeta.
Per quanto riguarda le scelte stilistiche, Torquato Tasso, nel suo capolavoro riesce a realizzare un’opera unitaria e variegata: nel complesso l’opera è compatta, ben delineata e non stufa. Il poeta è infatti molto attento a creare una varietà di ritmo in modo da tenere alta l’attenzione del lettore. Per questo inserisce una serie di vicende secondarie, condite di elementi “meravigliosi” che contribuiscono ad agganciare il pubblico.
Insomma Torquato Tasso è un poeta moderno, che è costretto a mettersi in gioco per lavorare, che difende il proprio lavoro e che paga per gli errori compiuti.
Io mi identifico in alcuni aspetti di questo poeta, nella sua forza e nella creatività. Mi piace particolarmente il tratto di fragilità che lo rende, ai miei occhi, più vero e più umano.
E tu, cosa apprezzi di lui? Che cosa ne pensi?