Giornalismo costruttivo: cos’è?
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Il giornalismo costruttivo rappresenta l’opportunità di ricucire la relazione tra giornalisti e lettori. Una relazione che, purtroppo, vacilla da molto tempo e che richiede un momento di riflessione importante da parte di tutti. Una sorta di inversione a U per tornare all’etica e alla deontologia che appartengono alla professione. Il mondo è diventato complesso e lo sarà sempre di più, ma con un’informazione che si pone l’obiettivo di educare gli adulti, si può raccontare questo mondo in modo chiaro e costruttivo. Sincerità: di questo stiamo parlando. Di quella capacità di riconoscersi come persone prima ancora che come professionisti dell’informazione, perché in questo modo si intercettano i bisogni reali dei fruitori e si sceglie di rispondere a essi. Negli ultimi anni si è spesso parlato di una possibile sparizione del giornalismo: è un’utopia. Questa professione, di cui personalmente sono innamorata, non potrai mai sparire ma di certo è destinata a cambiare se vuole investire in una sana relazione con i lettori e le lettrici.
Nel tempo in cui viviamo le notizie sono diffuse 24 ore su 24 e provengono da fonti differenti: da quelle istituzionali alla stampa, dai blogger ai privati cittadini, dalle aziende e ai comunicatori. Cosa possiamo fare noi giornalisti? Attingere alla nostra cassetta degli attrezzi e garantire una qualità migliore, questa la mia risposta. Traducendo in pratica: nuove domande, nuove fonti, nuove narrazioni. Da parte sua il lettore deve darsi l’opportunità di diventare critico e attivo:
- scegliere le fonti;
- affezionarsi alle firme; ampliare lo sguardo;
- cercare nuove sfumature e nuove voci.
Non sono le fake news il solo e più grave problema dell’informazione oggi. Ciò che ci sta davvero danneggiando come esseri umani è la cattiva informazione. Qualcosa di più subdolo rispetto alle notizie false. Queste ultime vengono costruite a tavolino, la cattiva informazione, invece, è dettata dall’abitudine e dalla perdita di consapevolezza rispetto alla responsabilità che abbiamo. È qualcosa di più radicato. E purtroppo ci siamo abituati a questo tipo di informazione a tal punto da credere che sia quello di cui abbiamo bisogno. Solo soffermandoci ci rendiamo conto che le nostre domande sono altre, il nostro desiderio è di comprendere la realtà complessa in cui viviamo. E non per avere buone notizie da condividere con gli amici, non è di questo che si occupa il giornalismo costruttivo. Ciò in cui questo approccio crede è che per ogni problema esistono diverse soluzioni e il compito di noi professionisti dell’informazione è quello di rintracciarle e raccontarle. Serve allenare la consapevolezza che non siamo impotenti di fronte a quelli che sempre più spesso vengono definiti i mali della società. In qualche parte del mondo c’è chi lo sta facendo: sono queste le nuove storie da raccontare.
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Quali sono i fondamenti del giornalismo costruttivo
I fondamenti del giornalismo costruttivo risiedono nell’approccio all’informazione che si è andato delineando in Nord Europa grazie all’impegno della giornalista Cathrine Gyldensted e della ricercatrice universitaria Karen McIntyre. Sono state loro a muovere i primi passi in Europa in questa direzione. Oggi molto attivo è il Constructive Institute danese fondato dal giornalista Urlik Haagerup. Un movimento ancora più consistente è quello partito dagli Stati Uniti con la nascita del Solutions Journalism Network nel 2012. In questo caso parliamo di un progetto di grandezza mondiale fondato da due giornalisti del New York Times, ideatori della celebre rubrica Fixes. Loro sono Tina Rosenberg, anche premio Pulitzer, e David Bornstein. Entrambi questi due percorsi internazionali si incrociano spesso e insieme procedono nella direzione di un giornalismo di qualità le cui fondamenta si basano sulla scelta di offrire un’informazione che dia risposte concrete. Il giornalismo costruttivo e il giornalismo delle soluzioni (solutions journalism) hanno delineato due nuove domande che il giornalista deve tenere a mente quando narra una storia.
- La prima, sostenuta dal giornalismo costruttivo, è “What Now?” che possiamo tradurre con “e ora?”. Il senso è quello di uno sguardo oltre il problema, il fatto di cronaca, la situazione complessa di fronte a cui ci si trova.
- La seconda domanda, che abbraccia il giornalismo delle soluzioni, è “How?” in questo caso lo sguardo è rivolto al come.
Le storie raccontate rispettando questo input, consentono non solo di offrire le risposte possibili a un problema, ma anche di evidenziarne gli aspetti più importanti. L’obiettivo è quello di raccontare un progetto, un’iniziativa, una soluzione che possa essere replicabile da altri e che possa fornire ispirazione concreta a chi legge. Entrambe queste due domande si uniscono a quelle ben più note del giornalismo anglosassone: What? Who? When? Where? Why? Le 5 W dell’informazione. Se queste ultime rappresentano la base di partenza per una narrazione di qualsiasi genere, le due nuove domande sono identificative di un nuovo modo di concepire l’informazione. E sono anche i due quesiti che allontanano un pregiudizio esistente sul giornalismo costruttivo: il suo essere promotore di buone notizie. Sebbene le soluzioni a un problema sociale, ambientale, politico, culturale siano di fatto notizie positive, ridurre il giornalismo delle soluzioni e costruttivo a questo è fin troppo semplicistico. Il punto non è solo dire che esiste una soluzione ma è anche raccontare quali sono le evidenze che ne determinano la validità e i limiti che ne impediscono la perfezione. Il tutto inserito in un contesto, il problema, che non va in alcun modo escluso pena la perdita di credibilità da parte del giornalista.
Che cos’è il Constructive Network
Quando qualche anno fa, nel 2012, ho iniziato a esplorare il giornalismo costruttivo e il solutions journalism, ho subito espresso un desiderio: crederci insieme ad altri colleghi. All’inizio non è stato semplice perché questo approccio all’informazione in Italia è arrivato tardivamente e carico di confusione. Spesso lo si è avvicinato al giornalismo positivo e ancora oggi questo pregiudizio rappresenta una grande sfida. Sono stati anni di impegno e studio fino ad arrivare a novembre 2019 quando sono riuscita, con altri colleghi, a fondare il Constructive Network.
Il progetto è molto semplice e possiamo riassumerlo in tre punti fondamentali, che vedremo qui di seguito.
- Una rete di professionisti. I membri del network appartengono al mondo dell’informazione e della comunicazione. Siamo tutti uniti dal desiderio di ridare credibilità al giornalismo.
- Divulgazione. La mission del network è la divulgazione del giornalismo costruttivo in Italia con eventi rivolti ai lettori e alle lettrici. Non solo per offrire riflessioni sullo stato dell’informazione, di cui siamo tutti consapevoli, ma per offrire nuovi sguardi.
- Formazione. I giornalisti che scelgono il giornalismo costruttivo devono seguire una formazione per scoprire i criteri e le applicazioni di questo approccio. Nel network forniamo corsi ufficiali e in linea con le indicazioni del Solutions Journalism Network.
Grazie alla grande eterogeneità dei membri del network, che ho fondato insieme ai giornalisti Isa Grassano, Marco Merola, Vito Verrastro, Mariangela Campo, Angela Di Maggio e Andrea Paternostro, possiamo offrire uno sguardo costruttivo in ogni ambito dell’informazione. I giornalisti della nostra rete si occupano di temi differenti: dal turismo alla salute, dall’ambiente al lavoro, dalla divulgazione scientifica al sociale, dall’etica allo sport. Questo ci permette anche di sperimentare l’approccio costruttivo su tematiche di natura diversa. L’ingresso nel network è libero per i giornalisti iscritti a un albo regionale dell’Ordine dei Giornalisti e per i giornalisti più giovani. Viene richiesta una fee di ingresso a propria discrezione da effettuare come donazione per i nostri progetti. Quello che viene proposto è una formazione continua e la possibilità di scambio e di confronto con i colleghi. Sostenersi per aumentare la portata della nostra voce è il nostro obiettivo. Siamo tutti professionisti e tutti impegnati su più fronti ma ci accomuna l’amore per il nostro lavoro e per il futuro della professione. Ci promuoviamo utilizzando i social media in cui crediamo molto come strumenti di divulgazione. Abbiamo anche un’attenzione particolare per i giovani giornalisti e gli studenti di giornalismo che, sebbene un po’ sfiduciati, ancora conservano interesse nella professione. A loro cerchiamo di passare il messaggio che il giornalismo non è morto ma che vive e può ancora destare entusiasmo. Sono il futuro e ascoltando loro ci si rende conto di quali siano i punti cruciali su cui lavorare e migliorare. Sono una generazione che guarda fortemente alle soluzioni: è ciò di cui sentono il bisogno.
Come imparare il giornalismo costruttivo
La parola d’ordine per imparare il giornalismo costruttivo è formazione. Qualunque sia il numero di anni di carriera è necessario rimettersi in gioco e rivedere tutti i principi su cui si basa il nostro lavoro. Questa è la ragione per cui tengo personalmente tanti corsi presso gli Ordini Regionali dei Giornalisti: occorre rimettere mano alle logiche dell’informazione a cui ci siamo abituati. Per alcuni aspetti, il giornalismo costruttivo rispolvera gli elementi base della deontologia professionale e dell’etica dell’informazione. Per altri, però, spinge a cambiare il punto di vista e anche le domande di un’intervista. Quando finisco un corso di formazione ai colleghi giornalisti molti di loro mi dicono che hanno sentito di nuovo battere il cuore di passione per la professione. Ed è una cosa straordinaria che ogni volta mi fa pensare al giornalismo come a una vocazione prima ancora che come una scelta professionale. Ed è stimolante sapere che noi giornalisti vogliamo fare meglio. Abbiamo bisogno di sciogliere le abitudini in cui ci siamo incatenati e abbracciare un approccio che ci riporta all’essenza. Quello che mi dicono dopo qualche tempo, è che il giornalismo costruttivo ha modificato completamente l’approccio al lavoro quotidiano e alla ricerca delle storie. Noi giornalisti fatichiamo ad accogliere l’idea che siamo persone prima di tutto e che scegliamo ogni volta che decidiamo cosa raccontare, come raccontarlo e come guidare il lettore attraverso la storia.
I corsi di formazione del Constructive Network e quelli che tengo io personalmente, nascono sulla base della formazione che io stessa ho ricevuto dal Solutions Journalism Network. Da gennaio 2021, infatti, sono stata nominata Lede Fellowship insieme ad altri 24 giornalisti provenienti da tutto il mondo. Siamo ambasciatori nel nostro Paese e riceviamo una formazione continua che ci consente di restare aggiornati e di poter guidare i giornalisti sul territorio di appartenenza. Durante queste formazioni approfondiamo gli aspetti teorici del giornalismo costruttivo ed esploriamo i criteri di narrazione che ci consentono di garantire la qualità dei nostri articoli. Sono corsi molto pratici e di confronto continuo perché pur avendo delle sue linee guida, il giornalismo costruttivo e delle soluzioni è un costante divenire. Si adatta alle necessità ed esplora nuovi ambiti. Per questa ragione è necessario stare sul pezzo, come amiamo dire noi giornalisti. Per cominciare, però, l’invito è quello di cimentarsi a scrivere un articolo tenendo a mente le due domande di cui abbiamo parlato: “E ora? e “Come?” Sono un ottimo punto di partenza.
News48: giornalismo costruttivo a portata di web
Dopo tanti anni di teoria e di studio, è diventato necessario creare degli esempi concreti. Da questa esigenza è nato News48 edito da Braiding delle giornaliste Sabrina Falanga e Michela Trada. Si tratta del primo magazine italiano di giornalismo costruttivo e delle soluzioni. La sua nascita è legata alla mia relazione con il Solutions Journalism Network che ha deciso di investire in Italia sostenendo economicamente il lancio di News48. Grazie al loro contributo siamo riusciti a creare un luogo virtuale in cui i giornalisti del Constructive Network possono raccontare storie nuove. Il magazine è indipendente e non profit. Questa è la sfida più grande: a sostenerci sono i lettori e le lettrici che decidono di contribuire con donazioni libere. Tutto ciò che ricaviamo viene utilizzato per pagare i giornalisti che producono gli articoli di giornalismo costruttivo e di solutions journalism. L’idea, insita nel nome, è quella di proporre un giornalismo più lento, approfondito e rivolto alle soluzioni. Il 48 del nome è in contrapposizione al 24 che spesso vediamo associato alle testate giornalistiche. Abbiamo voluto dare il senso del tempo dilatato: noi arriviamo dopo ma meglio, non urliamo ma sussurriamo. Il giornalismo costruttivo non va d’accordo con le breaking news perché ha bisogno di approfondire, cercare, mettere insieme i pezzi e costruire la narrazione. Questa è la ragione per cui è importante per noi restare indipendenti e poter offrire contributi ai nostri giornalisti che lavorano con grande impegno ai loro articoli. Cosa si legge su News48? La linea editoriale è dettata dalle soluzioni a problemi di diverso genere con cui si confronta la nostra società. Abbiamo pezzi che raccontano progetti che rispondono al gender gap, altri che si aprono a soluzioni nate in seno alla pandemia, altre ancora che affrontano temi sociali di grande importanza. È interessante notare la fidelizzazione dei nostri lettori e delle nostre lettrici e l’attenzione da parte di associazioni, imprenditori e aziende. Ci riconoscono il valore costruttivo degli articoli. In alcuni casi i nostri pezzi hanno permesso di aprire nuove strade di consapevolezza su temi importanti. Non ci poniamo limiti perché le soluzioni sono ovunque, a noi il compito di rintracciarle e raccontarle in chiave costruttiva. News48 è anche la palestra perfetta per formare i giovani giornalisti del domani grazie alla nostra Young Journalists Mentorship guidata da Mariagrazia Villa. Alcuni dei nostri articoli, infine, vengono tradotti in inglese e inseriti nello Story Tracker del Solutions Journalism Network che colleziona tutti i pezzi di giornalismo costruttivo prodotti nel mondo. Siamo molto orgogliosi di questa opportunità perché ci permette di mostrare l’Italia che funziona e che propone soluzioni a livello internazionale. Chissà che questo non ci aiuti anche ad abbattere qualche pregiudizio sugli italiani.